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Asilo nido di Stato: no grazie

Spieghiamo a Massimo Gramellini che, fino a prova contraria, gli esseri umani sono ancora mammiferi

Cristina Tamburini di Cristina Tamburini
20/11/2021
in Famiglia, In evidenza
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Reading Time: 5 mins read
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Asilo nido di Stato: no grazie

Image from Google Image

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Last updated on Dicembre 3rd, 2021 at 09:02 am

Chiunque abbia un figlio in età scolare, a maggior ragione se affetto da un disturbo specifico dell’apprendimento, lo sa benissimo, perché ha dovuto leggere, schedare e far ripetere al proprio pargolo più e più volte la lezione sulla preistoria. Quando gli uomini erano ancora nomadi, e si procuravano il sostentamento tramite la raccolta dei frutti spontanei della terra e la caccia, la società umana iniziò a differenziarsi in “ruoli”. Le donne si dedicavano principalmente alla raccolta, gli uomini all’attività venatoria. Questo, forse, perché le donne erano impegnate anche in quell’attività piuttosto indispensabile che è la gestazione e l’accudimento dei cuccioli umani. Non esisteva ancora il latte artificiale, infatti, e la Chicco non era ancora impegnata in pubblicità accattivanti.

Accadde così che le donne, occupandosi di raccogliere quel che la terra offre, incominciarono a notare certi particolari nella regolarità dello sviluppo dei vegetali. Avranno discusso tra loro di quel che vedevano, avranno fatto qualche prova, finché, per dirla in breve, scoprirono la coltivazione. Fu così che, da nomadi, gli esseri umani diventarono stanziali.

Dobbiamo essere grati al fatto che non esistessero, allora, comitati di donne preistoriche femministe impegnate nel combattere per la parità di genere, desiderose di andare a cacciare tanto e come gli uomini, con la pretesa che qualcun altro si occupasse nel frattempo dei cuccioli da loro generati. Erano così arretrate, insomma, e, per l’appunto, preistoriche, da non desiderare di correre dietro a mammut e animali feroci con tanto di pancione. Del resto non abbiamo certo paura di sentirci tacciate di femminismo, se ci permettiamo di avanzare un dubbio: sarebbero stati in grado gli uomini, posti a raccogliere bacche e spighe in vece delle donne, di notare quei piccoli particolari che hanno permesso di inventare l’agricoltura? Per fortuna non lo sapremo mai.

Le magnifiche sorti, e progressive

L’uomo, però, si è evoluto. E la donna pure. Pare che sia cambiato parecchio anche il mondo stesso, tanto che alcuni uomini, intellettuali, benpensanti, sono arrivati a chiedersi «in quale pianeta vive» una donna – nello specifico la senatrice di Fratelli d’Italia Tiziana Drago – che si è permessa, a fronte di una scelta politica culturalmente e ideologicamente indirizzata qual è l’aumento dei finanziamenti agli asili nido, di domandarsi «perché mettere al mondo un figlio, se poi lo si affida al nido? Meglio allungare il congedo parentale a tre anni».

Stiamo parlando del giornalista Massimo Gramellini, che nel suo Caffè del 19 novembre si è permesso di entrare pesantemente nel merito di una questione, parrebbe, strettamente femminile. Pur riconoscendo le «buone intenzioni» della senatrice, infatti, Gramellini ne lamenta la lontananza dalla realtà dei fatti: «in Italia una donna perde il posto già quando rimane incinta, figuriamoci dopo». Inoltre, «nei pochi lavori ancora garantiti in cui il congedo parentale funziona, a restare a casa è quasi sempre la donna, non foss’altro perché statisticamente lo stipendio più basso in famiglia è il suo». Per questo, e l’affermazione è gravissima, «l’asilo finanziato dallo Stato (sempre che ci si riesca a entrare) è l’unica soluzione che consente a molte donne di non interrompere la carriera per accudire la prole».

Pezze peggiori dei buchi

Di fronte, dunque, a palesi e conclamate ingiustizie sociali, quali la perdita di lavoro per la gravidanza, Gramellini ragiona proprio come l’attrice Uma Thurman: se un uomo “molto più grande di lei” mette incinta e abbandona a se stessa una ragazzina, la soluzione ideale è l’aborto, che le permette di vivere la sua vita e diventare «la madre che voleva essere». Se un datore di lavoro è pronto – illegalmente – a lasciare a casa una donna perché sta generando un figlio – per altro in un momento storico in cui la denatalità è una emergenza gravissima – la soluzione non è impedire che questo accada, ma strappare il neonato dalle braccia materne – laddove fosse riuscito nonostante tutto a venire al mondo – per riconsegnare la lavoratrice al suo dovere di brava cittadina.

Gramellini pare poi pensare che il transumanesimo sia già realtà e gli esseri umani vengano prodotti in serie, e non più generati. Conviene allora ricordargli che la nostra specie appartiene ancora alla classe dei mammiferi, quella in cui «le femmine sono dotate di ghiandole mammarie secernenti latte per il nutrimento della prole», latte che viene consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità come alimento preferenziale esclusivo per i primi sei mesi di vita, e consigliato abbondantemente oltre l’anno di età. Infatti, «l’allattamento è uno degli obiettivi prioritari di salute pubblica a livello mondiale».  Come farebbe una donna tornata al lavoro tre mesi dopo il parto – quando va bene – ad allattare esclusivamente per sei mesi, ed oltre? O è il governo a decidere chi e come deve crescere i nostri figli?

Due pesi e due misure

Alti strali si sono alzati, e non son forse ancora quietati gli animi, dopo che un uomo – per giunta omosessuale, come è stato sottolineato – si è permesso di affermare «siamo contrari all’aborto in ogni sua forma». Come si è permesso? Siano le donne a parlare del “corpo delle donne”! Certi diritti non vanno toccati, pena lo stigma sociale, e la reprimenda, pure dal proprio datore di lavoro.

Pure Gramellini, però, è un uomo. Per lui è lecito, a lui è permesso esternare contro le donne e contro i bambini, sbandierando una ideologia così pericolosa e mortifera per cui il diritto alla libera scelta va distrutto, eliminato, fin sbeffeggiato. Perché la “realtà” – quella che non esiste, quando si parla di genere sessuale o di maternità surrogata – impone questo: perché le madri possano far le madri, e occuparsi dunque dei propri figli in prima persona, bisognerebbe immaginare «una società dove nessuno lavora più». Che la legislazione sostenga il lavoro tutelando la maternità, che i diritti dei bambini vengano prima dei meri calcoli economici e che lo Stato, invece di promettere mancette sempre di là da venire, oltre che scarse, alleggerisca la tassazione di coloro che si dedicano alla crescita dei figli nella responsabilità di una famiglia stabile: tutto questo non è previsto. Anzi, contro le donne sarebbe chiunque si permetta di far notare che una alternativa è possibile, anzi, auspicabile. Una alternativa che le donne – come la senatrice Drago – affermano di preferire.

Ma gli uomini (e anche certe donne purtroppo), non vogliono stare ad ascoltare.

Tags: FamigliaHighlightVetrina
Cristina Tamburini

Cristina Tamburini

Cristina Tamburini, laureata in Filosofia con una tesi in Antropologia filosofica sull'utilitarismo contemporaneo, moglie e mamma di sette figli, non ha mai abbandonato lo studio e la passione per l’antropologia filosofica, l’etica e la bioetica. Ha tradotto in italiano diversi testi, fra i quali Azione e condotta: Tommaso d’Aquino e la teoria dell’azione di Stephen L. Brock e Intenzione di G. Elizabeth M. Anscombe, estendendo i propri interessi alla Teologia (in particolare all’Escatologia e alla Dottrina sociale della Chiesa). Ha curato il blog Sì, sono tutti miei! per raccontare e approfondire il maternage e la quotidianità in una famiglia numerosa.

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