Last updated on marzo 15th, 2021 at 09:52 am
«Noi transumanisti ci siamo dati un obiettivo chiaro e ambizioso: creare nel nostro paese le condizioni per una rivoluzione morale e intellettuale di orientamento prometeico. Vorremmo vedere l’Italia e l’Europa protagoniste di una nuova fase di sviluppo tecnologico, scientifico, industriale, culturale, ma anche biologico – allungamento della vita, rallentamento del processo di invecchiamento, salute dei cittadini, potenziamento fisico e psichico di disabili e normodotati, anche oltre i limiti della nostra attuale struttura biologica.[…] L’idea cardine del transumanesimo può essere riassunta in una formula: è possibile ed auspicabile passare da una fase di evoluzione cieca ad una fase di evoluzione autodiretta consapevole. Siamo pronti a fare ciò che oggi la scienza rende possibile: prendere in mano il nostro destino di specie. Siamo pronti ad accettare la sfida che proviene dai risultati delle biotecnologie, delle scienze cognitive, della robotica, della nanotecnologia e dell’intelligenza artificiale, portando questa sfida su un piano politico e filosofico, per dare al nostro percorso un senso e una direzione».
Recita così l’incipit del Manifesto dei transumanisti italiani, un movimento che si definisce «polimorfo e multiculturale», con una precisa strategia finalizzata alla lotta per «il possesso delle conoscenze e delle tecnologie, la laicità delle istituzioni e della cultura, l’affermazione di una concezione scientifica del mondo». I presupposti antropologici del movimento sono del resto espliciti: «Per i cristiani l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio e non può cambiare se stesso. Per noi, nietzscheanamente, l’uomo è qualcosa che dev’essere superato: l’uomo può cambiare se stesso ed il mondo, può assumere il proprio destino impugnando la tecnoscienza, invece di rimettersi alla fede e alla provvidenza».
Dall’uomo-robot all’uomo-dio
Non si tratta però di un piccolo gruppo di nerd, appassionati di fantascienza e di informatica: l’ibrido uomo-robot, non è infatti più, drammaticamente, solo un personaggio di romanzi cyberpunk e la tecnologia muove ormai a passi rapidi verso l’incubo di scenari distopici di vario genere. Persino l’aspirazione trascendentale all’immortalità, apparentemente così distante dall’ossessione per la manipolazione dei corpi, è affidata ad altari nuovi, quelli della crioconservazione: la possibilità cioè, a una cifra variabile tra i 12mila e i 175mila dollari, di conservare il proprio corpo – intero o in parte – ibernato dopo l’avvenuto decesso, in “attesa” – un lasso di tempo stimato attorno ai 400 anni – che la tecnologia permetta di “ripararlo” (eliminando cioè la causa della morte stessa) e “risvegliarlo”. Sono già diverse le persone che pagano mensilmente una assicurazione per potersi permettere questo trattamento, tra cui anche un italiano.
Le radici di questi scenari purtroppo sempre meno “futuristici” affondano però in un passato non particolarmente recente. Lo spiega bene il filosofo bioeticista Pierluigi Pavone in una lezione intitolata Gender e transumanesimo: la questione antropologica, svolta nel corso Riscoprire la Bioetica. L’idea per cui una identità determinata sia per l’uomo ostacolo alla libertà nasce, in epoca antichissima, con la teoria gnostica secondo cui l’uomo, schiavo inconsapevole, è stato relegato in un “mondo prigione” da un creatore divino che è carnefice malvagio. Salvatore di tale umanità “in catene” è quindi il serpente biblico, che, nel giardino dell’Eden, rivela la verità salvifica: mangiando dell’albero della conoscenza del Bene e del Male l’uomo può “essere come Dio”, ricuperando la propria divinità perduta, liberandosi dalla materia e facendosi divinità esso stesso a se stesso.
Gnosi e cabala
Tal visione gnostica antica – sconfitta dal cristianesimo e occultata per circa un millennio – torna però alla ribalta nell’Umanesimo italiano a Firenze, nella seconda metà del secolo XV, ricuperata attraverso la mediazione della mistica cabalistica ebraica, non più “contro” Dio e contro il mondo (in una visione anti-cosmica), ma “in nome” di Dio e del mondo, come si legge nel manifesto dell’Umanesimo italiano, l’Oratio de hominis dignitate (1486) di Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494). Qui Dio, parlando all’Adamo appena creato, afferma: «Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. […] Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine. […] O suprema liberalità di Dio padre! O suprema e mirabile felicità dell’uomo! A cui è concesso di ottenere ciò che desidera, di essere ciò che vuole».
L’uomo indeterminato
L’uomo, cioè, diviene illimitatamente libero rispetto al proprio corpo e alla propria stessa identità. La sua essenza non è, aristotelicamente, forma che determina la materia – tale per cui il corpo è sempre unito all’anima –, ma permanentemente in fieri, in divenire, soggetta a evoluzione costante.
Dunque lo sviluppo transumanista di questo presupposto antropologico non è altro che una nuova forma di “religiosità”, come nota Pavone nel saggio La matrice antropologica della questione bioetica, accolto nel volume Riscoprire la Bioetica: «l’assunto umanista che l’essenza dell’uomo sia indeterminata e che il compito dell’uomo sia il libero auto-crearsi dell’essenza in divenire, fino alla divinità, la cui dimora è l’universo stesso, è contemporaneamente […] il nucleo della nuova religione mondiale, la base dell’antropologia mondialista e pacifista, la dimostrazione evidente della radice teologica di ogni antropologia».
Eppure, come la scienza stessa è costretta a riconoscere nonostante la presunzione prometeica dei transumanisti, l’uomo è, e resta, un mistero intangibile.
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