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Utero artificiale: la distopia è già qui?

L’Unione Europea finanzia un progetto apparentemente nobile, che però può servire anche a generare bambini senza atto sessuale

Federico Cenci di Federico Cenci
11/11/2020
in Scienza
657
Reading Time: 4 mins read
0
Screenshot from Youtube - Artificial Womb, channel of Hashem Al-Ghaili

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Last updated on Dicembre 9th, 2020 at 04:47 am

L’anno in corso rischia seriamente di diventare il compimento delle profezie distopiche di grandi autori del secolo scorso. C’è molto George Orwell (1903-1950) nell’avvento di una «neo lingua», delle censure sistematiche e del Grande Fratello che ci spia persino quando siamo in casa, e c’è Isaac Asimov (1920-1992) nel distanziamento fisico tra persone. Ma non manca la componente transumanista di Aldous Huxley (1894-1963), che, ne Il mondo nuovo, racconta che i bambini nascono artificialmente, mediante provette e uteri artificiali.

«Par-tu-ri-ent»

Succede nel romanzo scritto negli anni 1930, e si preannuncia anche oggi, nel 2020. Il nome è evocativo: «Par-tu-ri-ent». Non è una parola in dialetto lombardo ma un programma che prevede sviluppo dell’embrione e cura del feto all’interno di una sorta di baccello tecnologico dotato di ogni comfort. Addio concepimento e gravidanza nell’utero materno, tutto avviene in uno spazio artificiale, come se si trattasse del germoglio di una pianta per adornare la casa. E addio mamma e papà, perché per “procurarsi” il bebè non servirà più l’incontro tra un uomo e una donna, ma un bel gruzzolo di denaro da investire nel nuovo dispositivo tecnologico.

Il progetto

L’idea è stata lanciata da un gruppo di studenti dell’Institute of the Arts di Arnhem, nei Paesi Bassi. Il sito è già online e nella pagina principale descrive quali sono le finalità del progetto: «Immagina un futuro in cui gli attuali limiti alla procreazione non esisteranno più, ma dove la vita potrà essere creata e raccolta in modo nuovo. Un futuro in cui la gravidanza naturale è sostituita da un grembo artificiale». Di sfondo a questi slogan dagli echi sinistri un’immagine che appare altrettanto incredibile: una donna di spalle, seduta su un divano, osserva un bambino non ancora nato che giace dentro questo «grembo artificiale» poggiato in un angolo della casa.

Nella confezione anche un paio di accessori per rendere la gravidanza il più simile possibile a quella naturale: un microfono per inviare messaggi e suoni al bambino dall’esterno e un oggetto di plastica che, se acceso e stretto sul proprio corpo, riproduce le vibrazioni dovute ai movimenti che il bambino fa dentro il suo baccello 2.0.

L’Europa ci mette i soldi

Uno scherzo? Una provocazione? Verrebbe da sperarlo. I precedenti non sono però incoraggianti. Sempre nei Paesi Bassi gli scienziati dell’Università Tecnologica di Eindhoven stanno lavorando da tempo al progetto di un utero artificiale, finanziato con 3 milioni di euro dall’Unione Europea. L’obiettivo è nobile: modernizzare le incubatrici per accrescere le probabilità di sopravvivenza dei bambini prematuri. Uno dei problemi delle incubatrici, infatti, risiede nel fatto che i piccoli, se nati con molto anticipo, non hanno ancora polmoni, intestino e altri organi ben sviluppati, dunque è difficile fornire loro ossigeno e nutrienti.

Ecco allora che gli scienziati di Eindhoven stanno creando un vero e proprio utero hi-tech in cui il bambino è immerso in un liquido e alimentato e ossigenato attraverso il cordone ombelicale. «Il macchinario», si legge, «sarebbe arricchito da sensori in grado di simulare al 100 percento l’esperienza all’interno del vero utero, includendo anche il suono del battito cardiaco della madre».

Addio sesso

Dallo scopo nobile e selettivo a Il mondo nuovo il passo è breve. Lo scienziato Hank Greely, esperto di genetica e neuroscienze all’Università di Stanford, in California, affermava già nel 2017 che entro venti o trent’anni non servirà più il sesso per fare figli. Per Greely le coppie (o anche i single e i gruppi di persone, perché no?) si limiteranno a scegliere l’embrione da far nascere tra quelli creati in provetta partendo dal loro DNA. Lo scienziato ritiene che così sarà possibile debellare malattie genetiche e malformazioni. Sarà la legittimazione definitiva dell’eugenetica; renderà possibile anche decidere caratteristiche fisiche, altezza, colore degli occhi e dei capelli e, chissà, forse anche le facoltà intellettuali del nascituro. Sarà un notevole risparmio per la sanità pubblica, gongola Greely. Tutto da dimostrare. Ciò che è certo è che sarà un tuffo nella distopia.

Tags: Bioetica
Federico Cenci

Federico Cenci

Dal 2013 al 2017 ha lavorato all’agenzia cattolica di stampa Zenit occupandosi di temi sociali e religiosi, bioetica, politiche familiari, nonché politica interna ed internazionale. Ha quindi proseguito l'attività con In Terris, e attualmente con vari giornali e periodici. Nel 2020 ha scritto il romanzo "Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà"

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