Si pensava, con la mostra della vulva in esposizione temporanea a Milano un paio d’anni fa, di aver visto tutto. Invece no. Esiste, infatti, un «Vagina Museum», si trova a Londra e si definisce «[…] il primo museo al mondo […] dedicato all’anatomia ginecologica».
Già questo lascia attoniti, e un breve passaggio sul sito web dell’ente museale conferma tale sensazione.
Ancor più incongruente, per usare un understatement, già che ci si trova a Bethnal Green, è l’iniziativa presentata qualche giorno fa, l’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna. Il «Vagina Museum», infatti, ha pensato bene di celebrare, in quella data, gli uomini.
«In questo #InternationalWomensDay parleremo di donne trans nella storia», questo il tweet comparso sul profilo del museo sul popolare social media, dove si legge anche le risposte sono state disattivate, «[…] perché sappiamo che alcune persone preferirebbero che queste storie venissero cancellate e messe a tacere». Pertanto, i primi a zittire sono loro.
L’8 marzo e nei giorni successivi altri tweet che citano il «Vagina Museum» e l’iniziativa intrapresa, con critiche civili e affatto volgari, niente insulti, solo molta perplessità, sono tutti indicati con il colore rosso che Shinigami Eyes, l’estensione di Google che dà la caccia a chi osa criticare o semplicemente dissentire rispetto alle posizioni dell’ortodossia LGBT+ affibbia ai presunti «omofobi».
Non che si abbia grande stima né interesse rispetto alla Giornata internazionale della donna, ma la scelta operata da un museo, anzi nella fattispecie dal museo dedicato alla vagina, di festeggiarla con la celebrazione di chi, anatomicamente, la vagina non ce l’ha, dice molto del clima che attraversa il pensiero occidentale.
Non serve, questo spazio falsamente culturale, alle donne, ma guarda caso viene comunque scippato da chi pur non essendo donna rivendica il diritto non solo a sentirsi tale, ma a dirsi tale e tale essere riconosciuto, anche contro ogni evidenza, anche contro la realtà.
Spazi e ruoli delle donne e delle ragazze sono sempre più erosi, sempre più sottratti: a scuola, nello sport, nel linguaggio fintamente neutro e desessualizzato che ne mette in pericolo la sicurezza e la salute. È la pretesa violenta di piegare la realtà al desiderio, per giunta a spese di qualcun altro che non può dissentire. Se non fosse che la donna non è, semplicemente non è, un «individuo con la vagina».