[…] any mans death diminishes me,
because I am involved in Mankinde;
And therefore never send to know for whom
the bell tolls; It tolls for thee.
-John Donne
MEDITATION XVII
Devotions upon Emergent Occasions, 1624
[…] la morte di ciascun uomo mi diminuisce,
perché faccio parte dell’umanità;
e così non chiedere mai per chi
suoni la campana: suona per te.
Poco più di un anno fa «iFamNews» aveva raccontato una notizia bella, benché nata da una realtà che di bello in sé, purtroppo, non ha proprio nulla. Il 23 settembre 2020, infatti, papa Francesco aveva impartito la propria benedizione alla «Voce dei non Nati», la “campana per la vita” realizzata su commissione della Fondazione “Sì alla Vita” dell’Immacolata Concezione di Rzeszow, in Polonia, da una fonderia la cui istituzione risale al principio del secolo XIX.
La campana ha il compito di dare voce, appunto, a chi voce non ha, non ha mai avuto e mai potrà avere: i bambini vittime dell’aborto, uccisi nel grembo materno in numeri, modi e condizioni che davvero danno i brividi.
Il bronzo dello strumento riporta incisa una frase con le parole del sacerdote polacco, assassinato dal regime comunista del suo Paese e oggi beato, Jerzy Popiełuszko (1947-1984), «La vita di un bambino inizia sotto il cuore della madre», assieme a quelle del Quinto Comandamento dato da Dio a Mosè, «Non uccidere». Più chiaro di così…
La campana benedetta dal Pontefice l’anno passato aveva un compito: quello di viaggiare per la Polonia, risvegliando le coscienze con il proprio suono in questo caso itinerante, come le campane hanno sempre fatto nei secoli sin da quel san Paolino vescovo di Nola (355-431) cui la tradizione attribuisce l’invenzione della campana “all’italiana” con batacchio interno.
Fra il secolo VIII e il secolo IX chiese e pievi sempre più numerose furono dotate di campane e campanili, che si fecero mano a mano più diffusi a partire dall’anno Mille. Fra il secolo XI e il secolo XIV, inoltre, le torri campanarie, simbolo questa volta della potenza della città, della civitas, sorsero in tutta l’Europa occidentale, dove il Medioevo comunale fu più vivo e fecondo.
In entrambi i casi, campane di chiesa e campane di governo, il loro compito fu sempre il medesimo: avvisare, avvertire, richiamare, celebrare. Scandire la vita umana, vita religiosa e vita civile, con i propri rintocchi, a festa o a morto. «Convoco, signo, noto, compello, concino, ploro: arma, dies, horas, fulgura, festa, rogos», io raduno, segno, noto, stimolo, canto, compiango: le guerre, i giorni, le ore, i temporali, le feste, gli incendi. Questa è l’incisione rinvenuta su un antico esemplare di questo speciale, specialissimo strumento.
Le parole usate dal Santo Padre nel benedire la campana polacca erano state semplici e didascaliche: «[…] essa accompagnerà gli eventi volti a ricordare il valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale. La sua voce risvegli le coscienze dei legislatori e di tutti gli uomini di buona volontà in Polonia e nel mondo». Tutto chiaro, anche in questo caso…
Pochi giorni fa, di nuovo papa Francesco ha impartito la propria benedizione, questa volta su due “campane per la vita”, richieste alla Fondazione «Sì alla Vita» dall’Ucraina e dall’Ecuador e fuse venerdì 8 ottobre: da un capo all’altro del mondo, pare proprio che lo spirito dell’uomo, di quell’umanità cui John Donne sentiva e sapeva di fare parte, abbia il medesimo anelito, la medesima fatica, il medesimo sforzo. Quello di urlare dai tetti, in questo caso dai campanili, che la vita è un principio non negoziabile, un bene non disponibile, una realtà che sgorga e fluisce dall’istante del concepimento al compimento della morte naturale e che mai, mai, è meno “degna” di essere vissuta.
Lviv, Ucraina, e Guayaquil, Ecuador, avranno perciò ciascuna la propria campana, la propria «Voce dei non Nati», memento delle piccole vittime del passato e dell’oggi e speranza che il risvegliarsi di una coscienza più umana ne impedisca di nuove. Come accadde all’Innominato, alla fine del capitolo XXI de I promessi sposi, quando avvertì «uno scampanare a festa lontano», il segnale che stava giungendo al villaggio il cardinale Federigo Borromeo, e poi «un altro scampanìo più vicino, anche quello a festa; poi un altro» e la coscienza che inizia a risvegliarsi, piano piano, è la sua.
Contro l’aborto, contro il male assoluto, il desiderio sarebbe di combattere imbracciando un’arma potente e micidiale, ma non bisogna dimenticare che Morgante, il gigante che da cattivo divenne buono, convertendosi al cristianesimo e combattendo al fianco di Orlando, eroe della Chanson de Roland (seconda metà del secolo XI), creato dalla fantasia di Luigi Pulci (1432-1484) nel poema omonimo del 1478, era armato soltanto di un batacchio di campana.
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