Last updated on Giugno 30th, 2020 at 06:34 am
L’Ecuador è un Paese piccolo. Eppure rappresenta una pervicace sacca di resistenza alla cultura abortista, che le grandi organizzazioni internazionali vorrebbero imporre agli Stati. La battaglia di questo “Davide pro-vita” contro il “Golia abortista” si arricchisce continuamente di nuovi capitoli.
Il ricatto dell’ONU
L’ultimo in ordine di tempo risale a poche settimane fa. L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha proposto all’Ecuador un “Piano anti-Covid19” che prevede l’«aborto sicuro e legale» come condizione, necessaria e sufficiente, per ricevere aiuti internazionali pari a 46,3 milioni di dollari. Nonostante l’ONU abbia negato qualsiasi tipo di interferenza nelle legislazioni nazionali su questo tema, il Piano in questione dimostra il contrario. In un passaggio si chiede che il Paese sudamericano promuova «l’accesso agli anticoncezionali, inclusi anticoncezionali d’emergenza, e l’aborto sicuro legale». “iFamNews” ne ha parlato. Quello che pochi però considerano è che l’attacco all’Ecuador è particolarmente significativo perché altamente simbolico.
La legge in Ecuador
In Ecuador l’aborto è infatti vietato. L’articolo 45 della Costituzione difende la vita sin dal concepimento. E il Codice penale vieta severamente l’interruzione volontaria di gravidanza. Il Paese andino resiste da anni ai tentativi di ammorbidire questa posizione antiabortista. Nel 2013 l’allora presidente Rafael Correa, esponente bolivarista ed ex seminarista cattolico, aveva minacciato di lasciare la presidenza della repubblica qualora i parlamentari del suo partito, Alianza País, avessero approvato l’aborto al Congresso. «Per difendere la vita sono pronto a dimettermi e la storia saprà giudicarmi», aveva dichiarato solennemente Correa, le cui minacce sono rimaste tali, giacché l’aborto non è passato, quindi l’ex presidente ecuadoriano è rimasto in carica fino alla scadenza del terzo mandato, nel febbraio 2017.
Il tentativo fallito del 2019
Meno di un anno fa si è registrato un nuovo tentativo di introdurre l’aborto nella legislazione ecuadoriana. Il parlamento ha discusso un testo finalizzato a depenalizzare tale pratica nei casi di incesto, stupro e malformazione del feto. La riforma, per passare, avrebbe dovuto avere il voto favorevole di almeno 71 deputati, cioè la maggioranza assoluta dell’assemblea. Ma il sostegno all’aborto si è fermato a quota 65, mentre i voti contrari sono stati 59. Sette gli assenti. «Siamo molto contenti per l’esito della votazione, ma anche coscienti che il lavoro continua, soprattutto a livello educativo, culturale, nell’aiuto alle mamme», aveva commentato all’AgenSir mons. José Alfredo Espinoza Mateus, arcivescovo di Quito e primate dell’Ecuador.
L’indigenza in Ecuador
Il Paese andino oggi subisce pesantemente gli effetti della pandemia di CoViD-19. Con oltre 4mila morti ufficiali su 17 milioni di abitanti, ha l’indice di mortalità più alto di tutta l’America Latina. Se a ciò si aggiunge che il 25% degli ecuadoriani vive in condizioni di povertà e l’8,9% di povertà estrema, si intuisce quanto il Paese abbia bisogno di assistenza umanitaria urgente. Vulnerabilità esacerbata dal blocco delle esportazioni (soprattutto di fiori e di banane) dovuto dell’emergenza sanitaria. Come sottolinea una lettrice sul quotidiano ecuadoriano El Universo, «le Nazioni Unite cercano di sfruttare la situazione critica nel nostro Paese per legalizzare questa pratica», appunto l’aborto.
L’aborto in America Latina
In America Latina il caso dell’Ecuador non è però un’eccezione. Diversi sono i Paesi in cui l’aborto non è consentito. Il Messico, per esempio, che tuttavia, essendo uno Stato federale, presenta legislazioni difformi: infatti nel 2007 l’aborto è stato legalizzato a Città del Messico, mentre l’anno scorso a Oaxaca. Cedimenti alla cultura abortista si sono registrati negli ultimi anni in Cile, che nel 2017 ha parzialmente depenalizzato l’aborto, e in Argentina, dove nel 2018 è stata respinta una legge a seguito di un vibrante dibattito che ha fortemente coinvolto l’opinione pubblica. Ora però Buenos Aires, con l’elezione alla presidenza di Alberto Fernandez, potrebbe affrontare di nuovo la questione. L’aborto è consentito in casi eccezionali in Colombia, Perù e Paraguay, mentre resta vietato in ogni circostanza in Repubblica Dominicana, El Salvador, Haiti, Honduras, Nicaragua e Suriname. Solo in Uruguay e a Cuba (già dal 1965) l’aborto è sempre libero.
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