Last updated on Febbraio 11th, 2022 at 07:28 am
La data di oggi, 9 febbraio 2022, è cruciale per il futuro del diritto alla vita in Italia. Nella Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi, istituita nell’anniversario della morte di Eluana Englaro (1970-2009) alla Camera dei deputati si inizia a discutere il disegno di legge Bazoli-Provenza (dai nomi dei dure relatori, Alfredo Bazoli, del Partito Democratico, PD, e Nicola Provenza, del Movimento Cinque Stelle, M5S) sul «suicidio assistito». Propio oggi l’associazione Pro Vita & Famiglia annuncia la nascita del Comitato «Finché c’è Vita. #NoEutanasiaLegale» in opposizione al referendum dei Radicali sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, nel caso in cui, il 15 febbraio, la Corte costituzionale desse il nullaosta.
«Il primo atto del Comitato sarà proprio quello di depositare presso la Consulta una memoria contro l’ammissibilità del quesito, chiedendo di poterla discutere oralmente nella camera di consiglio del 15 febbraio», dice Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia, durante il convegno Eutanasia: vite da scartare? Il dovere della società di fronte alla sofferenzacon cui è stato presentato il Comitato.
Alla tavola rotonda, moderata dal vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, sono quindi intervenuti giuristi, medici, intellettuali ed ecclesiastici per icnhiodare l’illiceità dell’eutanasia e del «suicidio assistito».
“Dovere” di uccidere?
Il punto di vista giuridico è stato illustrato dal presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, e il vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino, Alfredo Mantovano. In caso di approvazione, sia il referendum sia il disegno di legge, darebbero luogo a veri e propri mostri giuridici. Si tratta di proposte, infatti, che vanno molto al di là delle raccomandazioni tracciate dalla Consulta nella sentenza n°242/2019, che si limitava disciplinare le situazioni analoghe a quelle che, nel 2018, portarono alla morte di Fabiano Antoniani (1977-2017) alias Dj Fabo. Inaudito è, in particolare, permettere a un referendum – che per propria natura è semplicemente abrogativo – di introdurre un nuovo principio fondamentale, per cui la vita non sarebbe più un bene indisponibile: una tale responsabilità, sottolinea Mirabelli, spetterebbe solo al parlamento.
Anche il ddl Bazoli-Provenza è decisamente un «testo eutanasico» che, come osserva Mantovano, presenta la stessa struttura e impostazione della Legge 194/1978: l’analogia più interessante è l’assenza delle parole «aborto» (che diventa «interruzione di gravidanza») ed «eutanasia» (che diventa «morte medicalmente assistita») nei rispettivi testi. Il vulnus più grave, comunque, sarebbe la possibilità del paziente di ricorrere al giudice nel caso in cui il medico o la commissione medica si rifiutino di farlo morire. La morte diventerebbe così un «diritto esigibile» e, di conseguenza, il sistema sanitario verrebbe gravato dal «dovere» di procurare la morte.
Riscoprire il rapporto medico-paziente
In rappresentanza dei medici sono intervenuti il neurochirurgo Massimo Gandolfini, presidente dell‘associzione Family Day, il ginecologo Filippo Maria Boscia, presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, e l’ortopedico Aldo Bova, presidente del Forum delle Associazioni Socio-Sanitarie. la questione difono però è antropologica. Il vero nucleo del problema, convengono gli specialisti, è nel rapporto medico-paziente. Riscoprire il risvolto umano e affettivo del fine-vita, ricordare che anche quando è impossibile guarire, si può sempre curare, che il paziente, che sia terminale o no, va sempre accompagnato, sono tutti autentici baluardi contro la cultura della morte che avanza a velocità incontrollata.
Sia Gandolfini sia la presidente del Movimento per la Vita italiano, Marina Bandini Casini, si soffermano sull’importanza di un’informazione anche «invadente», ma soprattutto «veritiera» sui temi del fine-vita, laddove i regimi totalitari, come suggeriva il gerarca nazista Joseph Goebbels (1897-1945), mirano a essere «invadenti» e semplicemente «verosimili».
In chiusura il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione dei Vescovi, e Kevin Yuill, suicidologo e docente nell’Università di Sunderland, si sono soffermati sulle devastanti derive eugenetiche dei Paesi che da più tempo hanno legalizzato eutanasia e «suicidio assistito», Belgio, Canada e Paesi Bassi in primis.
Commenti su questo articolo