L’«utero in affitto», o «maternità surrogata», o «gestazione per altri», in Italia è vietato. Lo sanno ormai pure i sassi, ma ciò non toglie che Milano, che si vuole «capitale morale» del Belpaese, il mese prossimo sia pronta ad ospitare proprio la fiera dell’«utero in affitto», nonostante le rimostranze di qualcuno la cui voce evidentemente non viene ascoltata da chi di dovere.
Eppure, in base alla Legge 40 del 19 febbraio 2004, articolo 12, comma 6, «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».
Quel che purtroppo rende scivoloso questo terreno è il fatto che, all’estero, in alcuni Paesi, tale pratica sia assolutamente legale, per cui chi rientrasse in Italia con un bebè in braccio, ottenuto in un modo che in Italia non è ammesso, ovviamente ne chiederà l’iscrizione ai registri comunali, tanto per fare un esempio. Creando in tal modo un cortocircuito giuridico, mentre si afferma di voler affermare i diritti dei bambini che invece, in questo modo, ne sono spogliati.
È per questo motivo che già in passato sono state presentate proposte di legge che chiedono di rendere la pratica dell’utero in affitto un reato, anche qualora la gravidanza sia stata indotta e portata a termine all’estero. Reato, per intendersi, da inserire pertanto nel Codice penale all’articolo 600, della «riduzione e mantenimento in schiavitù o in servitù», poiché è proprio così che sono considerate le donne, spesso indigenti, che si prestano a ciò che non si può evitare di definire un commercio e che mette in vendita, soprattutto, i bambini.
Ieri, il partito della Lega e un gruppo numeroso che raccoglie realtà civili raccolte sotto il sentire comune dell’agenda politica «Ditelo sui tetti», e che si battono per la tutela dei diritti e della dignità della vita, hanno depositato alla Corte di Cassazione un disegno di legge d’iniziativa popolare, con il fine di vietare tale pratica e di renderla illegale in Italia anche qualora messa in atto al di fuori dei confini nazionali.
«La maternità surrogata è una pratica con cui si sfruttano donne indigenti e si fa del nascituro un mero oggetto in balia dei desideri egoistici degli adulti», ha commentato Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast, tra coloro che hanno partecipato ieri alla presentazione della proposta di legge. «Ben venga una iniziativa popolare per accendere nuovamente i riflettori su questo annoso tema».