Last updated on marzo 7th, 2022 at 01:48 am
Il legame giuridico tra il bambino adottato «in casi particolari» e i parenti della famiglia adottante deve essere garantito. È quanto stabilisce una sentenza della Corte costituzionale datata 24 febbraio. L’adozione «in casi particolari», ricorda la Consulta, riguarda bambini orfani, anche con disabilità, bambini che già vivono con il coniuge del genitore biologico, bambini non altrimenti adottabili.
Discriminazione
Come rileva l’ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale, il mancato riconoscimento di rapporti civili «discrimina, in violazione dell’art. 3 della Costituzione, il bambino adottato “in casi particolari” rispetto agli altri figli e lo priva di relazioni giuridiche che contribuiscono a formare la sua identità e a consolidare la sua dimensione personale e patrimoniale, in contrasto con gli articoli 31, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione in relazione all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».
Strumento più flessibile
Sulla questione è intervenuta, attraverso un articolo sul sito del Centro Studi Rosario Livatino, l’avv. Daniela Bianchini. La quale ricorda che il legislatore, con l’adozione «in casi particolari», ha «previsto uno strumento più flessibile, capace di adattarsi a molteplici situazioni, in quanto non presuppone lo stato di abbandono, non interrompe i rapporti del minore con la famiglia di origine ed è accessibile anche a persone singole». Pertanto, aggiunge, «la decisione della Corte costituzionale di ritenere illegittime le disposizioni che escludono l’esistenza di rapporti civili fra il minore adottato nei casi particolari e i parenti dell’adottante si inserisce dunque in questo quadro e conferma la necessità di un intervento legislativo in materia».
Legge aggirata
Tuttavia, prosegue, «l’adozione “in casi particolari” negli ultimi anni è stata spesso utilizzata dalle coppie omosessuali per aggirare i limiti previsti dalla legge: attraverso la strumentalizzazione del “superiore interesse del minore” si è cercato di legittimare nell’opinione pubblica, passando dalle aule di tribunale, il ricorso a pratiche come la fecondazione eterologa e la maternità surrogata eseguite all’estero e volte a soddisfare più che altro desideri di genitorialità degli adulti». Secondo la Bianchini, «non si può infatti sottovalutare che le lamentate esigenze di tutela dei minori coinvolti traggono sempre origine in questi casi dalla preordinata e cosciente volontà degli adulti di violare i limiti previsti dall’ordinamento, imponendo poi di fatto allo Stato la legittimazione indiretta di pratiche vietate».
La Convenzione ONU
Ne consegue – scrive ancora l’avv. Bianchini – «che l’intervento legislativo in materia di adozioni, nell’ottica della piena ed effettiva tutela dei minori, dovrà anche evitare rischi di legittimazione indiretta di pratiche disumane come la maternità surrogata, chiarendo che l’interesse del minore non è quello di rimanere presso adulti che ne hanno fatto ab origine l’oggetto di un contratto, ma semmai di essere da questi allontanato». Infine la Bianchini ricorda che, «quando si ragiona in termini di tutela del superiore interesse del minore occorre ricordare ad esempio quanto affermato dall’art. 7 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e adolescenza: ogni minore ha il diritto di “conoscere i suoi genitori” e di “essere allevato da essi”».
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