C’è qualcosa di troppo e qualcosa che manca nel Report on the persecution of minorities on the grounds of belief or religion, la risoluzione sulla persecuzione delle minoranze religiose approvata oggi in assemblea plenaria dal parlamento europeo.
La notizia è di poche ore fa e lascia sconcertati chi, come «iFamNews», nella libertà e nella libertà religiosa crede davvero, convinti che la delibera di oggi potesse rappresentare un segnale forte su un tema affrontato spesso in sede europea con una certa timidezza.
«Bene l’affermazione della libertà di credo come diritto umano fondamentale», afferma in una nota Carlo Fidanza, europarlamentare di Fratelli d’Italia (FdI), esponente del gruppo politico European Conservatives and Reformists (ECR) e co-presidente dell’Intergruppo del parlamento europeo per la libertà religiosa. Bene anche, continua, «la volontà di inserire il rispetto di questo diritto negli accordi di cooperazione tra l’UE e i Paesi terzi, il richiamo alla Commissione UE affinché nomini immediatamente l’Inviato speciale per la libertà religiosa, figura che manca da troppo tempo».
Epperò, tutto questo parlare di libertà religiosa come libertà fondamentale serve a poco o forse a nulla, se poi scompaiono dal testo, rimaneggiato ed emendato, i riferimenti precisi alle comunità e ai gruppi religiosi perseguitati e ai regimi che le mettono, letteralmente, in croce. I cristiani, tanto per parlar chiaro, la minoranza religiosa oggi più perseguitata nel mondo. Questo per precisare ciò che, nella risoluzione, manca.
C’è però come si diceva qualcosa di troppo, decisamente di troppo e di sbagliato, una deriva ideologica inaccettabile che ha portato molti all’astensione rispetto a «un testo che partiva con le migliori intenzioni ed è invece diventato l’ennesimo strumento ideologico della Sinistra», pieno come è risultato di «riferimenti ideologici contro le religioni che proteggono la vita e la famiglia naturale».
Il riferimento è in particolare all’articolo 22 della risoluzione, un miscuglio ideologico che maschera dietro al velo della difesa dei più deboli, specialmente dei diritti legittimi delle donne e delle ragazze, le istanze LGBT+ più radicali e aborto e contraccezione spacciati come oramai da copione per «salute sessuale e riproduttiva». Mentre giustamente «[…] condanna tutti gli atti o incitamenti alla violenza, alla persecuzione, alla coercizione e alla discriminazione», anche «[…] sulla base di motivazioni religiose o di credo», contemporaneamente l’articolo «[…] esprime profonda preoccupazione per l’uso improprio e la strumentalizzazione del credo o della religione per criminalizzare l’aborto in tutti i casi», chiedendo pertanto «[…] l’abrogazione delle politiche, delle leggi o delle restrizioni relative». L’aborto. La tutela della libertà religiosa dovrebbe garantire l’accesso all’aborto. Lo chiede l’Europa.
La libertà religiosa è un diritto fondamentale della persona, per cui «iFamNews» si batte ed è giusto battersi. È evidente però la trasformazione in atto, da parte di qualcuno, di questa cosa sacrosanta e buona nel suo esatto contrario, spacciando per diritto alla libertà religiosa porcherie vere e proprie, come l’aborto, pur affermando contemporaneamente e ripetutamente nel medesimo testo che il diritto alla vita sia fondamentale e imprescindibile. Per quanto il testo della risoluzione sia come ovvio il frutto di compromessi fra molte visioni differenti, la contraddizione rimane evidente. Coloro che l’hanno approvata sono confusi, se non ipocriti.
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