Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:08 pm
Maira Shahbaz era soltanto una ragazzina quando, in aprile, è stata rapita sotto la minaccia delle armi, brutalmente violentata davanti a una telecamera, infine costretta ad abiurare la fede cristiana e a contrarre un matrimonio fittizio. Ora vive nascosta per paura degli aguzzini, dopo essere riuscita a fuggire dalla prigionia. La sua storia è poco conosciuta. Nessuno ne ha sentito parlare il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Eppure è una storia esemplificativa di come sia difficile nascere femmina e cristiana in un contesto come il Pakistan, dove nel 2018 nella sola provincia del Sindh si sono verificati mille casi di conversioni forzate all’islam di ragazze e di giovani donne cristiane e indù.
309 arresti ogni mese
Il dato allarmante è riportato nel rapporto sui cristiani ingiustamente detenuti per la propria fede Libera i tuoi prigionieri, realizzato dalla Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). Dalla Cina alla Nigeria, passando per l’Eritrea e il Pakistan, è ampia e agghiacciante la geografia della persecuzione dei cristiani. «Ogni mese, nei 50 Paesi più a rischio, viene imprigionata ingiustamente una media di 309 cristiani, e secondo i calcoli di Open Doors, nel 2019 sono stati rapiti 1.052 cristiani», si legge nel documento dell’ACS. E mentre l’Occidente si commuove e si scuote per il destino degli animali, magari per il maltrattamento subito da un maiale, resta ignavo dinnanzi a cifre che parlano di atroci vessazioni nei confronti dei cristiani che crescono come una pandemia. «La silenziosa sofferenza dei perseguitati, l’angoscia di parenti, amici e familiari spiegano perché la ingiusta detenzione sia lo strumento preferito dagli oppressori», rileva ACS.
Incubo Cina
Un Paese che ha una sinistra dimestichezza con questo strumento è la Cina. È qui che, secondo rapporti citati da ACS, «tra il novembre 2018 e il 31 ottobre 2019» sono stati imprigionati senza accusa «1.147 cristiani a causa della loro fede». Si tratterebbe del 30% dei fedeli ingiustamente detenuti in tutto il mondo. «L’aumento rispetto all’anno precedente è stato di 561 unità e si pone nel contesto di un marcato inasprimento del trattamento dei cristiani da parte del governo, con demolizioni di chiese, distruzione di croci e altri simboli religiosi nonché l’interferenza dello Stato in quasi ogni aspetto della vita della Chiesa, dalla nomina di vescovi alle iniziative caritative cristiane». Ma a subire sono anche i rappresentanti di altre religioni. La mente corre alla comunità dei musulmani uiguri, di cui si è recentemente occupato Papa Francesco suscitando le ire di Pechino: uiguri detenuti ingiustamente nei campi per la “trasformazione attraverso l’educazione” in un numero che, secondo i ricercatori indipendenti più aggiornati, potrebbe essere di tre milioni, ovvero tre volte la cifra conservativa che viene consuetamente fornita nei documenti internazionali.
23 anni in cella senza accuse
Nella confinante Corea del Nord sono invece i cristiani, circa 50mila, a costituire la metà dei prigionieri nei campi di lavoro, dove «devono affrontare condizioni di vita terribili» e vengono impiegati a svolgere mansioni «per l’avanzamento dei programmi nucleari e balistici» del regime.
Dall’Estremo Oriente all’Africa subsahariana, la Nigeria è spesso identificata come il Paese in cui il sequestro dei cristiani è più grave che in qualsiasi altra parte del mondo. Ogni anno, rileva Open Doors, 22 cristiani vengono sequestrati e imprigionati ingiustamente da gruppi di miliziani jihadisti. Detenzione che talvolta può diventare infinita: in Eritrea, dove i rapporti indicano che sarebbero detenuti oltre mille cristiani, si registra che alcuni sono rimasti dietro le sbarre, senza accuse a loro carico, anche per 23 anni.
L’impatto del CoViD-19
Chissà invece quanto durerà ancora l’emergenza CoViD-19, che ha causato un peggioramento della situazione dei cristiani. Sono tre le ragioni indicate da ACS, variabili a seconda del contesto geopolitico: la chiusura parziale o totale dei tribunali che ha generato ritardi per i detenuti in attesa di appello; l’aumento della sorveglianza e della repressione dei regimi grazie al trasferimento di molte attività religiose sul web; l’indebolimento dei governi impegnati a fronteggiare il virus che ha agevolato gruppi violenti nelle loro attività di aggressione nei confronti delle comunità cristiane.
«È tempo che i governi agiscano»
Nella conclusione, il rapporto di ACS sollecita la comunità internazionale a riconoscere l’odio religioso come spiegazione del fenomeno della ingiusta detenzione. «Se non verrà apertamente riconosciuto, tutte queste minoranze religiose saranno sempre più a rischio», si legge. Toccante l’introduzione affidata ad Asia Bibi, madre cristiana pachistana condannata per blasfemia e reclusa in carcere per 3.421 giorni: «Una caratteristica comune alle persone citate è la costrizione ad una sofferenza silenziosa. È tempo che il mondo ascolti le loro storie; è tempo di dire la verità a coloro che hanno il potere perché chi, sfidando la legge, detiene persone innocenti finalmente venga assicurato alla giustizia. È tempo che i governi agiscano. È tempo di manifestare in difesa delle nostre comunità di fedeli, vulnerabili, povere e perseguitate».
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