In Canada, la Difesa non rispetta la libertà religiosa

Le raccomandazioni per la scelta dei cappellani militari escludono di fatto cristiani, musulmani, ebrei

Leslyn Lewis

Leslyn Lewis

Leslyn Lewis avrebbe tutte le carte in regola per avere successo nel contesto della politica canadese. È donna, è giovane, del 1970, è di colore, nata in Giamaica. Ha però una caratteristica che la penalizza: è pro-life. La Lewis concorre per la seconda volta, la prima era nel 2020, per la leadership del Conservative Party of Canada (CPC), insieme ad altri cinque colleghi di partito. Si stanno tenendo in questo periodo i dibattiti pubblici che vedono i candidati presentare la propria posizione e i propri programmi e il CPC annuncerà il nuovo leader in settembre.

Intanto, Leslyn Lewis esprime una denuncia molto precisa contro il primo ministro Justin Trudeau, che afferma aver condotto una «guerra aperta» contro la libertà religiosa sin dall’elezione, nel 2015. Sul proprio sito web ufficiale, in un lungo post dal titolo Enough Discrimination, «Basta discriminazioni», la Lewis analizza fra l’altro un rapporto del gruppo consultivo del dipartimento della Difesa nazionale (DND) relativo a razzismo e discriminazione, risalente al mese di gennaio, che invita a «non considerare l’impiego, come guide spirituali o rappresentanti multi-religiosi, di quei candidati alla cappellania affiliati a gruppi religiosi i cui valori non siano allineati con quelli della squadra della Difesa».

Quali siano tali valori è facilmente intuibile, quando nel rapporto si legge che «[…] al momento, alcuni cappellani rappresentano o sono affiliati a religioni organizzate, le cui convinzioni non corrispondono a quelle di un luogo di lavoro diversificato e inclusivo. Alcune delle religioni cui sono affiliati questi cappellani non aderiscono a un atteggiamento aperto e alla promozione della diversità». Come a dire, continua la Lewis, «[…] che i seguaci del cristianesimo, dell’islam e dell’ebraismo dovrebbero essere squalificati dal prestare servizio come cappellani nell’esercito».

Il Canada di Justin Trudeau ha già dimostrato la propria posizione favorevole all’aborto, all’«utero in affitto», all’eutanasia, all’autoidentificazione di genere e contraria alle terapie riparative.

È evidente però come tali politiche impattino direttamente e negativamente sulla libertà religiosa, cui è mossa una guerra dichiarata. Il primo ministro ha già abolito, nel 2016, l’Ufficio per la libertà religiosa istituito dal suo predecessore, Stephan Harper, nel 2013. E Leslyn Lewis ha dichiarato di avere tutte le intenzioni di riaprirlo.

L’anno scorso, la cronaca ha evidenziato come la «cancel culture» diffusa nel Paese nordamericano si sia concentrata sulle istituzioni religiose e in particolare sulle chiese cattoliche.

Trudeau di recente ha anche inferto un duro colpo agli enti di beneficenza antiabortisti canadesi, di ispirazione cristiana, con una manovra finanziaria insidiosa, che rischia di lasciarli del tutto privi di fondi.

Ora, con queste raccomandazioni relative alla scelta dei cappellani militari, il Canada si dichiara sempre più «liberal» e sempre meno rispettoso delle libertà autentiche, in primis della libertà religiosa.

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