Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:44 pm
Che in Italia le famiglie, e in particolare quelle numerose, ultimamente non se la passassero poi così bene era percezione già piuttosto radicata, soprattutto per chi la famiglia la vive e la frequenta concretamente. Un intervento, tra gli altri, ascoltato durante il webinar promosso dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia, fornisce i dati necessari per suffragare quella che poteva sembrare una sensazione un po’ “di parte”. Si tratta dell’esposizione di Alfredo Caltabiano, presidente del Forum delle associazioni familiari dell’Emilia e padre di 6 figli di cui 2 in affido. Caltabiano è consigliere nazionale dell’Associazione nazionale famiglie numerose, coordinatore della Commissione fisco del Forum, Vicepresidente della Consulta delle Famiglie del Comune di Parma. Ha collaborato alla stesura della proposta di riforma dell’Isee del Forum, del Quoziente Parma e del Fattore Famiglia.
Famiglie numerose, crescita esponenziale della povertà assoluta
Parlando di Relazioni tra povertà e demografia e possibili interventi in un susseguirsi di significativi grafici, Caltabiano ha mostrato anzitutto come le famiglie numerose abbiano subito un calo drastico dal 2006 a oggi, laddove il numero di famiglie con 1 o 2 figli resta sostanzialmente stabile Questo dato, combinato con i dati circa la povertà assoluta in Italia, fornisce uno scenario significativo: se nel 2006 le famiglie con una più alta incidenza di “povertà assoluta” erano composte principalmente da un solo membro, di età superiore a 65 anni, ci troviamo oggi in una condizione in cui le famiglie che versano in condizioni di povertà assoluta sono quelle con tre o più figli minori. Se nel 2006, infatti, le famiglie con tre o più figli erano il 6% delle famiglie in condizioni di povertà, ora i nuclei familiari numerosi si trovano ad essere il 22%. Più di un quinto delle famiglie, lo ripetiamo, in condizioni di “povertà assoluta” sono famiglie numerose.
Un “paese per vecchi”
I dati riguardanti la povertà assoluta in ordine di fascia di età, per altro, confermano il dato, ponendo i minori di 17 anni e la fascia fino ai 34 anni all’apice della scala. Si tratta – parole dello stesso Caltabiano – di un vero e proprio “bollettino di guerra”, che evidenzia come le politiche attuate dal 2006 in poi abbiano, se pur in forma minima, privilegiato gli over 65 che hanno migliorato, anche se di poco, le proprie condizioni, dando però una vera e propria “stangata” alle famiglie, in particolare quelle numerose. Non stupisce come al giorno d’oggi in Italia la prima causa di povertà sia la perdita del lavoro del capo famiglia, la seconda invece la nascita di un figlio. Tant’è che l’ultimo decennio ha visto la drastica diminuzione non già delle famiglie con uno o due figli, che restano stabili, ma delle famiglie numerose, dai tre figli in su, quelle famiglie che fungevano da “contraltare” al numero sempre crescente (raddoppiato dall11% al 22%) di donne senza figli.
Le conseguenze sono drammatiche anche dal punto di vista strettamente economico, data la contrazione della generazione cosiddetta “core” – gli adulti tra i 20 e i 39 anni, motore dell’economia del paese – che ha visto un calo di circa 2 milioni di unità dal 2006 al 2020: in un futuro in cui tecnologizzazione e digitalizzazione sono caratteristiche trainanti del progresso economico, l’Italia si trova sempre meno competitiva sulla scena internazionale, mancando proprio del “materiale umano” in grado di rivitalizzare la vita anche economica del Paese.
Come invertire la rotta?
Caltabiano indica una serie di ambiti, molteplici e trasversali, che possano modificare le politiche che negli ultimi anni si sono evidentemente mosse a scapito dei giovani e delle famiglie. Si tratta di cambiamenti anzitutto culturali, diretti in primis a favorire l’ambito lavorativo per i giovani, sia in termini di retribuzione sia di stabilità. È evidente che sulla precarietà è impossibile programmare la vita e soprattutto la vita di una famiglia. Nell’attesa che l’assegno unico – in parte già operativo – dimostri la sua reale efficacia, è necessaria e urgente una riforma dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), la cui scala di equivalenza genera iniquità molto gravi soprattutto – come sempre – per le famiglie numerose. Ardita la proposta di una riforma delle pensioni che preveda una “quota mamma”, cioè la concessione per ogni donna di un anno di pensione anticipata per ogni figlio generato. Estrema, poi, la visione di un sistema elettorale che dia più peso al voto dei genitori – anche se nella forma in cui è stata dettagliata (un voto in più a ogni madre per ogni figlio dispari e a ogni padre per ogni figlio pari) appare un po’ macchinosa e forse anche poco equa.
Qualche speranza concreta? Anzitutto la possibilità di partecipare alla consultazione aperta dal Dipartimento delle politiche alla famiglia, attraverso la piattaforma ParteciPa.
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