«Drusilla Foer» a Sanremo: e le femministe?

Lo spazio femminile viene una volta di più eroso dagli uomini. Nel silenzio

Gianluca Gori/Drusilla Foer

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«Drusilla Foer» è un personaggio divertente. Leggero, ironico, spiritoso. Nobildonna un poco âgée, senese di nascita e fiorentina d’elezione, carrè silver d’ordinanza, le sue telefonate con la domestica, Ornella, sono a volte talmente assurde da risultare esilaranti. Anche il fatto che la sua migliore amica sia la cantante Tina Turner non lo è meno.

«Drusilla Foer» è un personaggio, appunto, totalmente inventato, nato dalla fantasia di Gianluca Gori, che da tempo ormai ne veste i panni. Gori, 54 anni, toscano, ha frequentato l’istituto Statale d’Arte di Firenze e ha lavorato come fotografo, attore, cantante e performer. Ha presentato Drusilla dapprima sui social, dove tuttora il profilo Instagram con il suo nome conta 191mila follower, per portarla poi in televisione e a teatro.

Fra un paio di settimane «Drusilla» sarà a Sanremo, accanto al conduttore Amadeus, fra le “co-conduttrici” del 72° Festival della canzone italiana trasmesso come ogni anno da RAI 1. Le altre saranno Ornella Muti, Lorena Cesarini, Maria Chiara Giannetta e Sabrina Ferilli. È quanto afferma, sul sito web, la stessa rete televisiva.

Ora, poco importa che l’attore Gori sia eterosessuale oppure no, quasi nulla si sa della sua vita privata. «Drusilla Foer» però non è un transessuale né un travestito, benché reciti en travesti. Soprattutto non è una donna. Chiamarla e definirla donna, come fa la RAI e i media mainstream, dal Corriere della Sera a RollingStone, è un falso ideologico. Semplicemente, banalmente, non è vero. Non basta cambiare il nome alle cose, o alle persone, per cambiarne la realtà.

«Drusilla» è tutti gli uomini che su tutti palcoscenici teatrali, dall’antichità al Medioevo al teatro elisabettiano, hanno interpretato ruoli femminili, sino almeno al secolo XVII, poiché la promiscuità vera o presunta e la vita nomade degli attori rendevano disdicevole che una donna calcasse le scene.

«Drusilla» è Dustin Hoffman di Tootsie, dove il celebre attore statunitense interpreta la parte di un collega talentuoso ma disoccupato, costretto a crearsi un’identità femminile per essere arruolato nel cast di un film. Ed era il 1982, quarant’anni fa. Nulla di nuovo sotto il sole, né sotto i riflettori.

«Drusilla» è, per fare un esempio italiano anche più prossimo nel tempo e come target, la signora Coriandoli, la casalinga anni 1980 messa in caricatura da Maurizio Ferrini nei pomeriggi di Domenica In (ugualmente su RAI 1) e successivamente a Striscia la Notizia (su Canale 5), protagonista benvoluta di spot pubblicitari per la famiglia.

Soprattutto, «Drusilla Foer» non è una donna. È un attore abbigliato e acconciato da donna.

La RAI lo sa benissimo e lo fa apposta a chiari fini di audience, crea la chiacchiera da bar, solleva uno scandalo moderato e perbene, solletica qualche pruderie. Nonostante l’endorsement entusiasta di Vladimir Luxuria, nato Vladimiro Guadagno, provoca pure le ire di una frangia delle comunità LGBT+, che ha riconosciuto il tranello e lamenta che sul palco sanremese non salirà un simbolo autentico della diversità, ma la sua rappresentazione stereotipata in chiave borghese. Avrebbero voluto Lilith Primavera, performer e attivista, icona del regista Ferzan Özpetek, ma a questo giro niente da fare.

Chissà cosa ne pensano, invece, le femministe. A parte la nota polemica sul fatto che il conduttore sia, sempre e comunque, un uomo: si parla di candidate alla presidenza della repubblica e invece no, a Sanremo, dopo 72 anni, ci sta ancora un uomo. Che quelle definite quest’anno “co-conduttrici”, maschi o femmine che siano, facciano in realtà null’altro che le vallette e che le vallette siano storicamente e notoriamente mute e non parlino, a esclusione forse solo di Rula Jebreal, valletta sui generis dell’edizione sanremese del 2020, con il monologo pure un poco ideologico e strumentale sulla violenza contro le donne.

Tutto ciò a parte, cosa penseranno le femministe, che cosa ne penseranno le donne, tutte, del fatto che, ancora una volta, uno spazio femminile sia eroso da un uomo, un ruolo femminile usurpato da un uomo? Come le quote rosa della politica messicana. Come i podii delle Olimpiadi. Come, persino, le celle delle carceri.

Forse, può darsi, quel ruolo non lo desiderano, ma sul palcoscenico di Sanremo, ci si può scommettere, «Drusilla» invece parlerà.

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