Mentre 47 lo hanno già fatto alla Camera e cinque al Senato, negli Stati Uniti d’America qualche altro Repubblicano sta pensando di tradire per regalare al Paese la bugia di una legge che blinderebbe il “matrimonio” LGBT+ e “poliamoroso”.
I vescovi nordamericani non hanno però perso l’occasione. «Rispondendo al ribaltamento salvavita della sentenza “Roe vs. Wade”», scrivono in un comunicato ufficiale, «il Congresso ‒ invece di prodigarsi per assistere le donne e i bambini bisognosi ‒ si sta dando forsennatamente da fare per blindare altre priorità anti-famiglia». Se infatti passasse, il «Respect for Marriage Act», ora in discussione al Senato, impedirebbe agli Stati dell’Unione «di ripristinare il concetto autentico di matrimonio fra un uomo e una donna, qualora la Corte Suprema ne offrisse la possibilità».
Perché il disegno è chiaro. Si vuole impedire che per il “matrimonio” LGBT+ accada come per l’aborto. Nel 1973 la Corte Suprema stabilì che l’aborto era “non-illegale” per la Costituzione americana e la sentenza che chiuse il caso «Roe vs. Wade» divenne precedente federale vincolante a garanzia di un presunto “diritto”. Il 24 giugno di quest’anno la Corte Suprema, diversamente composta, ha cancellato la sentenza del 1973 e con la decisione che ha chiuso il caso «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization» abolendo il “diritto” federale all’aborto e riportando in vigore, in ogni singolo Stato, le legislazioni precedenti. Per ribaltare nuovamente la situazione ci vuole o un’altra sentenza della corte Suprema (difficile, lunga e laboriosa) oppure una legge parlamentare che scavalchi la magistratura.
Nel 2015 la Corte Suprema dichiarò non-illegali i “matrimoni” LGBT+ a conclusione del caso «Obergefell vs. Hodges». Siccome il 24 giugno, sconfessando la legge del 1973 che rendeva l’aborto non-illegale, il giudice Clarence Thomas ha chiaramente detto che ora bisogna mettere mano ad altre aberrazioni pari alla sentenza del 1973, a partire dal “matrimonio” LGBT+, i fautori di quest’ultimo vogliono varare subito una legge parlamentare che scavalchi preventivamente un eventuale altro ribaltone della Corte Suprema: il Respect for Marriage Act.
Non solo. In discussione è anche l’H.R. 8373, noto come Right to Contraception Act, un’altra cannonata contro la famiglia e la vita.
Per questo è ancora cogente la lettera indirizzata ai deputati della Camera in occasione del voto del 19 luglio da monsignor Salvatore J. Cordileone, arcivescovo di San Francisco e presidente della Commissione per laicati, matrimonio, vita della famiglia e giovani, e da monsignor William E. Lori, arcivescovo di Baltimora e presidente della Commissione sulle attività pro-life,
La proposta di legge sulla contraccezione, dicono i vescovi in una missiva circostanziata e articolata, cozza contro il principio e la necessità del consenso informato in materia tanto grave, giacché riguarda pure preparati abortivi e minori. Inoltre viola la libertà religiosa, travolgendo la salvaguardia garantita fin a oggi dalla clausola di coscienza. Dunque rimette in auge un vecchio cavallo di battaglia di Barack Obama, poi sconfessato e neutralizzato in era Donald J. Trump: che i piani di previdenza sanitaria debbano contemplare anche contraccezione e sterilizzazione, ivi ancora compresi i preparati abortivi.
Quanto alla seconda proposta di legge, quella appunto sul “matrimonio” LGBT+, i vescovi statunitensi ricordano che per definizione il matrimonio è la complementarietà fra i due sessi diversi; se invece l’unione che si vorrebbe equiparare al “matrimonio” è fra persone dello steso sesso, la definizione stessa crolla. Non è matrimonio, e non può esserlo nemmeno se qualcuno s’incaponisce. Renderlo tale per legge è una violenza foriera di guai sociali enormi.
Maestri di laicità, i vescovi statunitensi osservano brillantemente: «Il matrimonio è l’unione esclusiva, per tutta la vita, fra un uomo e una donna che si apre a una vita nuova, non è solo un ideale religioso: è, nel complesso, ciò che di meglio concretamente esista per la società, specialmente per i bambini».
La proposta di legge in discussione, invece, fa il contrario di quel che il suo titolo dice: non protegge affatto, bensì distrugge il matrimonio. E come afferma la sua sezione 4, apre persino alla possibilità del “matrimonio” poligamo.
Chi, nel Senato americano, tradirà, lo farà propiziando una catastrofe.
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