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Tecnocrazia dell’anti-vita dal volto “umano”

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Tecnocrazia dell’anti-vita dal volto “umano”

Donare organi ottenuti dall’eutanasia. La fantasia profetica e la realtà torva

Marco Respinti di Marco Respinti
28/09/2021
in Editoriali, Vita
53
Reading Time: 3 mins read
0
Laboratorio

Image from Pixabay

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Last updated on Ottobre 1st, 2021 at 04:51 am

Se non avete visto Coma profondo, il film diretto da quel geniaccio dello scrittore e cineasta statunitense Michael Crichton (1942-2008), sempre pirotecnico e sempre intrigante, fatelo. E, per non farvi mancare nulla, guardatevi pure Soluzioni estreme, diretto nel 1996 dal regista inglese Michael Apted (1941-2021), una seconda pellicola che, per associazione di idee (finché la libertà di associazione perdura), bordeggia poco distante dalla prima. Produzione seriale di morti-a-metà per alimentare il ricambio di organi e sperimentazione medica sugli esseri umani. Per il “bene” degli altri, giacché se dal letame nascono i fiori, le nefandezze sono lastricate di “buone” intenzioni.

Il buon cinema, infatti, è sempre profetico. Purtroppo è anche liminale. Nel mondo reale, infatti, mica si producono zombie per cavarne organi da trapianto e non si sperimenta affatto sulle persone giocando con i cadaveri. Semplicemente si impiegano migliaia di prigionieri politici come magazzino di pezzi di ricambio, come fa la Cine neo-post-nazional-comunista (apertosi il 17, si è concluso il 26 settembre un summit internazionale di denuncia di questo orrore, uno degli eventi a tema più importanti di tutti, con l’intervento, bontà degli organizzatori, pure del sottoscritto), oppure alla catena di montaggio si aggioga anche l’eutanasia.

Non è una novità, tristemente, e «iFamNews» ha già lanciato l’allarme.

Ora, in queste faccende uno degli aspetti più raccapriccianti è la pianificazione. La pianificazione è perfida perché inforca gli occhiali per uccidere bene onde sfruttare meglio i cadaveri, per sopprimere i bambini-perle ancora dentro la propria mamma-ostrica seguendo il bugiardino, per impedire alla vita di attecchire, per ottenere la soluzione finale ad Auschwitz. Quando la lucidità, la precisione e la freddezza vengono messe al servizio della «cultura di morte», è la tecnocrazia dell’anti-vita che trionfa.

È ciò che accade appunto quando la «buona morte» viene socializzata. Nei Paesi Bassi sono stati censiti una settantina di casi. Quelli in cui no, non ti viene chiesto se, in caso di morte, sei disposto a cedere i tuoi organi per trapianti, ma se sei disposto a dare i tuoi organi dopo avere scelto di farti ammazzare. E lì si para innanzi subito tutta la questione del farlo bene, del farlo in fretta, del farlo in ambiente protetto. Pianificazione, appunto, come dettagliato nel “manabile” dell’eutanasia domestica compatibile con la donazione di organi che è stato pubblicato sul prestigioso BMC Medical Ethics. Ovvero tecnocrazia dell’anti-vita.

«Da una prospettiva utilitaristica», dicono gli autori del “manabile”, «la decisione di onorare le ultime volontà del paziente hanno prodotto il massimo bene per molti altri pazienti»: infatti «donare gli organi dopo l’eutanasia è un puro atto di altruismo».

Amo il cinema, il fantastico e la fantascienza perché aiutano a vedere con chiarezza maggiore. Mi lancio allora anch’io in un soggetto da novella futuribile. Se il classico scienziato pazzo si convincesse che mietere vittime dalla vita poco degna di essere vissuta, storpi, malati, “razze inferiori” e border-line, potesse fornire del materiale per trapianti che le condizioni di salute di quegli sventurati avessero risparmiato, e che questo beneficerebbe pazienti invece giovani cui si prospettano vite di degne di essere vissute, cosa farebbe il detective che, scoperto il truce arcano, si trovasse davanti a un serbatoio enorme di “bene” altruistico? Non che l’investigatore si sognerebbe di autorizzare il crimine, ma, a crimine compiuto, butterebbe via le vite degne di essere vissute? Mettiamo decidesse di usare il frutto di quel crimine per trarre “bene” dal male. Dopo chi deciderebbe che, in tutti i casi analoghi futuri, sarebbe solo crimine? Le intenzioni contano e l’altruismo pure.

È ciò che si chiede il direttore di MercatorNet, Michael Cook, rilevando «l’enorme potenzialità di ricatto emotivo» insito nell’eutanasia dalla coda compassionevole, qualora questa venisse normalizzata. «I medici», scrive Cook, «estorcerebbero con efficacia quei preziosi organi in cambio di una pacca sulla testa e qualche parola commovente sulla generosità dei donatori».

Tecnocrazia dell’anti-vita dal volto “umano”.

Tags: Donazione di organiEutanasiaHighlightTecnocraziaVetrina
Marco Respinti

Marco Respinti

Marco Respinti è stato il direttore di International Family News fino alla fine del 2022.Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal (Mecosta, Michigan), è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal (L’Aia, Paesi Bassi). Membro del Comitato editoriale del periodico The European Conservative e del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief, è direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e, sul web, di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights.

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