La Stonewall è un’organizzazione britannica attiva nelle scuole, nelle università, nelle aziende e negli enti pubblici, dove si adopera per allargare e tutelare sempre più gli spazi riservati alla lobby LGBT+.
Lo strumento principale implementato dalla Stonewall è il «Diversity Champions Program», sulla carta progettato per aiutare le aziende a diventare più “inclusive” e «[…] per garantire che tutto il personale LGBT+ sia accettato senza eccezioni sul posto di lavoro», che ha suscitato però numerose polemiche di cui anche «iFamNews» si è occupata in varie occasioni.
L’organizzazione fra l’altro richiede agli enti in cui opera di firmare un contratto, che vieta loro di rivelare il feedback che fornisce o le azioni che consiglia di intraprendere per ottenere un punteggio migliore. La scusa che Stonewall adduce è che rivelare tali informazioni metterebbe a rischio i propri interessi commerciali.
Tale clausola di riservatezza quasi paranoica, però, non convince l’Information Commissioner Office (ICO), l’organo di vigilanza e regolamentazione britannico che si occupa di supervisionare e operare affinché la comunicazione, specie per quanto riguarda l’amministrazione pubblica, sia sempre del tutto trasparente. L’ICO afferma infatti, a tal proposito, che «gli organi dello Stato debbono fare attenzione a non essere visti come promotori di campagne politiche».
In seguito all’appello per la libertà di informazione promosso dalla campagna Don’t Submit to Stonewall, «non sottomettetevi a Stonewall», avviata dalle associazioni di advocacy a favore delle donne Legal Feminist e Sex Matters, di cui è co-fondatrice anche Maya Forstater, l’ICO ha redatto una dichiarazione incisiva con la quale richiede formalmente all’Università di Oxford di rivelare i punteggi e il feedback ricevuti da Stonewall nell’ambito del programma.
«Sebbene Stonewall sia un ente di beneficenza», sostiene giustamente l’ICO, «è un ente di beneficenza con un’agenda da promuovere. Benché molti possano essere d’accordo con quell’agenda, non è universalmente accettata. Inoltre, anche quelle organizzazioni che godono di ampio sostegno non dovrebbero aspettarsi che le loro azioni siano esenti da controllo».
La conclusione cui giunge l’organo di sorveglianza statale è del resto assolutamente chiara. «Associandosi al marchio Stonewall», afferma, «i datori di lavoro sono tenuti a ottenere la sua approvazione: se le loro politiche non corrispondono alle aspettative di Stonewall, otterranno un punteggio più basso e quindi un ranking più basso. Ciò significa che Stonewall è in grado di esercitare, attraverso il suo Index e il suo Diversity Champions Program, un significativo grado di influenza sulle politiche attuate dai membri partecipanti. Tale influenza può essere usata nel bene oppure nel male».
L’uso improprio dell’influenza della Stonewall è particolarmente evidente quando si tratti di tutelare e proteggere i diritti delle donne. «La Stonewall si è scontrata di recente con i gruppi per i diritti delle donne, rispetto al riconoscimento e ai diritti delle persone transgender», per esempio, «quindi insiste un interesse pubblico nel sapere se un’organizzazione deve semplicemente segnalare che sta accogliendo i membri della comunità LGBT+ o se ha bisogno di andare oltre, e denunciare coloro le cui opinioni non rispecchiano quelle della Stonewall medesima».
A dire il vero, durante lo scorso anno numerose realtà che avevano aderito al programma gestito dalla Stonewall si sono sfilate dal capestro interrompendo la collaborazione, al fine di garantire davvero ai lavoratori condizioni di imparzialità. Fra queste la Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani, il Gabinetto del governo britannico, l’Office for Standards in Education, Children’s Services and Skills (OFSTED), l’autorità di regolamentazione dei media del Regno Unito (OFCOM) e l’emittente televisiva nazionale BBC.
Proprio questo, fra l’altro, richiama l’attenzione dell’ICO, che continua affermando che «dato il numero di organizzazioni di alto profilo che si sono ritirate dal programma Diversity Champions – in particolare l’autorità di regolamentazione della parità del Regno Unito (la Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani) – il Commissario ritiene che la preoccupazione per il funzionamento dei programmi vada al di là di alcuni individui scontenti o di campagne di gruppi che potrebbero scontrarsi con Stonewall».
Commenti su questo articolo