I leader dell’Europa orientale hanno fermamente resistito a una recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) che impone il riconoscimento dei cosiddetti «matrimoni» tra persone dello stesso sesso celebrati in altri Stati membri dell’UE, considerandola una palese ingerenza nella sovranità nazionale e nel diritto di famiglia. Questa decisione, che privilegia le agende ideologiche rispetto ai valori tradizionali, ha scatenato ampie critiche da parte di figure conservatrici in Polonia e Lituania, le quali sostengono che essa mini i principi fondamentali del matrimonio come unione tra un uomo e una donna.
Tale opposizione evidenzia una crescente difesa dell’integrità culturale e morale contro le ingerenze di Bruxelles. Il caso è nato da due cittadini polacchi che hanno contratto un’unione tra persone dello stesso sesso in Germania nel 2018 e ne hanno chiesto la registrazione in Polonia, vedendosi giustamente negare tale richiesta in base alla legge nazionale che non riconosce tali accordi. Un tribunale polacco ha deferito la questione alla CGUE, che a novembre ha stabilito che il rifiuto di riconoscere lo stato civile viola le libertà di movimento dell’UE e i diritti alla vita privata e familiare. Questa interpretazione distorce diritti ampiamente definiti per imporre politiche uniformi alle nazioni, ignorando le esplicite disposizioni dei trattati dell’UE che riservano le questioni familiari agli Stati membri.
Voci autorevoli hanno condannato la sentenza come un assalto alla democrazia e all’identità nazionale. Olivier Bault di Ordo Iuris l’ha definita «un’altra ingerenza», sottolineando che la costituzione polacca, che definisce il matrimonio in modo eterosessuale, ha la precedenza sulle interpretazioni dell’UE, una posizione ripresa dalle alte corti di diversi altri paesi. L’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki l’ha denunciata come un’ingerenza inaccettabile, simile all’imposizione di politiche antidroga oltre confine, mentre l’eurodeputato Tobiasz Bocheński l’ha definita un «attacco allo stato di diritto».
Questa controversia evidenzia tensioni più ampie all’interno dell’UE, dove le nazioni conservatrici dell’Est resistono all’erosione degli standard morali in mezzo a pressioni progressiste. Mentre sfide simili sorgono nell’Europa centrale e orientale, dove le unioni tra persone dello stesso sesso rimangono non riconosciute, questa sentenza rischia di intensificare i dibattiti sui limiti dell’autorità dell’UE e sulla preservazione delle autentiche strutture familiari.













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