Persino The New York Times, la “bibbia” quotidiana del pensiero unico liberal negli Stati Uniti d’America, è costretto ad ammettere che distribuire ormoni come se fossero caramelle agli adolescenti affetti dalla cosiddetta disforia di genere è sbagliato, pericoloso e sbagliato.
Lo ammette dopo che Marci Bowers, chirurga di fama mondiale specializzata in vaginoplastica, ed Erica Anderson, psicologa clinica nella Child and Adolescent Gender Clinic dell’Università della California, entrambe transgender e figure di spicco della World Professional Association for Transgender Health (WPATH), nota organizzazione professionale che stabilisce gli standard mondiali per l’assistenza medica transgender, hanno inviato al quotidiano un editoriale che approfondiva questo tema.
Inizialmente, in realtà, l’articolo era stato rifiutato, giudicato evidentemente non corrispondente alla linea editoriale che è invece dichiaratamente e smaccatamente «affirming», e le parole di Bowers e Anderson avevano trovato spazio solo nell’intervista rivolta loro da Abigail Shrier, autrice nel 2020 di Irreversible Damage, un’inchiesta approfondita sul picco di trans-identificazioni da femmina a maschio di cui «iFamNews» aveva dato notizia a suo tempo.
I rischi della transizione
Ebbene, oggi anche The New York Times è costretto a scendere a patti con la realtà e ad ammettere che le terapie, specie ormonali ma ovviamente anche chirurgiche, applicate a ragazzini giovanissimi, anzi a bambini di 10 o 11 anni, costituiscono un rischio e un pericolo. E ciò sia dal punto di vista dell’integrità fisica, sia da quello del benessere psicologico. Intervenire con trattamenti massicci e invasivi sul delicato equilibrio fra corpo e psiche, particolarmente sensibile nella fascia d’età, è un errore che può comportare conseguenze gravi, facendo saltare l’ingranaggio sofisticato che regola l’insieme della persona. Proprio il contrario di ciò che si sostiene di voler ottenere.
Tali conseguenze sono fisiche, dal momento che spesso tali trattamenti comportano la perdita irreversibile della fertilità, e psicologiche, sino ai comportamenti autolesionistici o addirittura suicidari, come affermano anche per gli adulti alcuni studi clinici accreditati.
Il capitolo dedicato all’età adolescenziale del testo pubblicato dal WPATH, contenente le nuove linee guida per il trattamento della disforia di genere, evidenzia tutti questi rischi e tutti questi pericoli, e il quotidiano di New York non può che cautamente ammetterli.
La nuova ortodossia
Ciò che colpisce, in tutta questa vicenda, è specialmente la mistificazione che negli ultimi anni è stata portata avanti a proposito dell’intero “pacchetto” che riguarda la tendenza sempre maggiore degli adolescenti verso la transizione, la negazione dei punti critici che assecondare tale transizione presenti, gli ostacoli posti invece ai tanti che, nel tempo, si fossero resi conto che il proprio corpo non era affatto sbagliato e volessero tornare indietro, effettuando quella che si chiama de-transizione. Il caso di Keira Bell, con il suo carico di dolore e desolazione, è emblematico.
Come afferma la Shrier, vi è stata finora e vi è tutt’ora una lettura falsata e falsa del fenomeno transgender nei giovanissimi. «Per quasi un decennio», ha dichiarato, «l’avanguardia del movimento per i diritti dei transgender ‒ medici, attivisti, celebrità e influencer transgender ‒ ha definito i confini della nuova ortodossia che circonda l’assistenza medica transgender: cosa è vero, cosa è falso, quali domande possono e non possono essere poste».
L’autrice va anche oltre nella denuncia delle responsabilità: «Hanno detto che era compito dei medici aiutare i minori nella transizione. Hanno detto che non era compito loro mettere in discussione la transizione e che chiunque lo facesse, compresi i genitori, era probabilmente transfobico. Hanno detto che qualsiasi preoccupazione per una sorta di contagio sociale tra le ragazze era una sciocchezza. E non hanno mai detto nulla sulla chiara possibilità che il blocco della pubertà, insieme agli ormoni sessuali incrociati, possa inibire una normale vita sessuale».
Gli esponenti dei movimenti LGBT, secondo la Shrier, non erano soli in quest’opera di distruzione: «i loro alleati nei media e a Hollywood hanno riportato storie e creato contenuti che hanno riaffermato questa ortodossia. Chiunque avesse osato non essere d’accordo o discostarsi da uno qualsiasi dei suoi principi fondamentali, comprese le giovani donne che avevano pubblicamente fatto ricorso alla de-transizione, veniva inevitabilmente diffamato come “hater” e accusato di danneggiare i bambini».
L’autrice prosegue affermando che «quella nuova ortodossia è andata troppo oltre». Troppo oltre rispetto alla verità, troppo oltre rispetto alla realtà, troppo oltre rispetto alla tutela autentica degli adolescenti. Resta da vedere se si riuscirà a fermarla.
Commenti su questo articolo