Last updated on Agosto 27th, 2020 at 09:33 am
La sottile sensazione che fra i media e nel mondo della cultura in generale sia in atto una svalutazione costante della sessualità naturale, a favore invece di una sorta di “moda transgender”, la si aveva da un po’. È diventata però certezza leggendo che Amazon, il colosso statunitense delle vendite online, ha bloccato la pubblicità sponsorizzata del libro di Abigail Shrier, Irreversible Damage: The Transgender Craze Seducing Our Daughters («Il danno irreversibile: la moda transgender che seduce le nostre figlie»).
Ovvero, il libro lo vende, alla ragguardevole cifra di 21 dollari e 63 centesimi, ma non permette all’autrice (o più probabilmente alla casa editrice) di pubblicizzarlo, neppure a pagamento.
Ne ha parlato il periodico Public Discourse, pubblicando online una recensione molto approfondita del testo della Shrier, che tratta, sulla base di numerosissime interviste alle dirette interessate e alle famiglie, di un fenomeno che colpisce: il moltiplicarsi di episodi di transizione di genere fra ragazze adolescenti.
Non si tratta solamente della scoperta dell’attrazione verso persone dello stesso sesso. Queste ragazze, cioè, non si scoprono lesbiche, ma percepiscono di punto in bianco di “essere nate in un corpo sbagliato” e decidono di intraprendere immediatamente il percorso anche medico e chirurgico per la riassegnazione del sesso, assumendo pertanto ormoni sessuali incrociati e sottoponendosi a interventi invasivi, per esempio di mastectomia.
Tutto ciò a un’età in cui forse non si ancora bene quale sia la pettinatura preferita o se si ami la pizza o invece la pasta, con il pieno sostegno delle istituzioni scolastiche e di innumerevoli esperti, psicoterapeuti e opinion leader.
Se «[…] solo otto anni fa non esisteva letteratura clinica su donne di età compresa tra gli undici e i ventuno anni affette da disforia di genere», se nel biennio 2016-2017 negli Stati Uniti d’America gli interventi finalizzati alla riassegnazione del sesso da femminile a maschile sono quadruplicati e se oggi il 70% degli interventi per il “cambio di sesso” è eseguito su donne, allora un campanello d’allarme deve necessariamente suonare.
Non fosse altro che per un motivo: questi trattamenti sono irreversibili. Anche qualora si cambiasse idea e si affrontasse il doloroso percorso di de-transizione, non è possibile tornare indietro completamente e nella maggior parte dei casi la condanna è alla sterilità.
Gli studi di chirurgia plastica pubblicizzano senza remora, per esempio sui propri siti Internet, gli interventi per la riassegnazione del sesso, inducendo il sospetto che i denari che girano non siano proprio bruscolini. Non solo negli Stati Uniti o in Canada, anche in Italia, dove per esempio una struttura con sede in Thailandia propone, in lingua italiana, pacchetti completi di viaggio andata e ritorno per il “cambio di sesso”.
Eppure anche una prestigiosa rivista di psichiatria ha dovuto fare marcia indietro e ammettere dopo approfondita verifica che gli interventi chirurgici finalizzati alla transizione, tanto incensati negli articoli che aveva pubblicato poco tempo prima, non sono in realtà di beneficio per la salute psicologica e mentale di chi vi si sottoponesse.
Non si tratta, evidentemente, di proposte subito e facilmente fruibili da una qualsiasi ragazzina italiana che avverta improvvisamente il disagio del proprio corpo e lo ascriva alla disforia di genere, ma la Shrier, giornalista autorevole di The Wall Street Journal, usa, in senso sociologico, un termine inquietante eppure perfettamente calzante, cioè «craze»: mania, moda, diffusione larga, improvvisa e rapida. E le mode americane, si sa, trovano spesso terreno fertile.
Resta da comprendere, per quanto possibile, il motivo del dilagare fra le ragazzine di questa sorta di “epidemia”, per la quale si alzano un mattino e no, non sono più a proprio agio con se stesse, non si piacciono più, debbono agire sul proprio corpo in modo tanto invasivo e definitivo e profondo.
Ebbene, non è la prima volta che “iFamNews” sottolinea la responsabilità dei media in questo cambiamento epocale di percezione tanto diffusa fra questa generazione, nell’età più fragile, delicata, soggetta alla possibilità di essere influenzata.
Gli/le influencer transessuali infatti spopolano sui social e il mondo teen vi si rivolge come a veri e propri guru da cui assorbire non solo mode e stili di vita, ma anche le basi per scelte tanto radicali e irreversibili.
Ma c’è di più: uno studio durato otto anni, condotto nel Regno Unito e in Australia su 5mila giovanissimi transgender e due cliniche specializzate negli interventi di “cambio di sesso” in età pediatrica, ha evidenziato una correlazione stretta fra la comparsa sui media di argomenti, storie e personaggi transgender e il numero di giovani pazienti che nelle due settimane successive si siano rivolti alle due strutture ospedaliere.
Ciò significa che, sì, i media influenzano nell’immediato gli adolescenti e, a quanto pare, in particolare le ragazze.
E significa che è giusto segnalare ai genitori come il giochetto sporco che le campagne pubblicitarie di aziende italiane e straniere mettono in atto, che l’industria cinematografica propone e appoggia sin dai cartoni animati, si gioca tutto sulla pelle delle nostre figlie.
Commenti su questo articolo