Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:37 pm
Calendarizzato per oggi in Senato, del «ddl Zan» parlano esponenti politici dell’una e dell’altra parte, ne parlano con maggiore o minore voce in capitolo influencer a favore e contro e ne parla l’associazionismo. Nonostante la canicola e la vittoria agli Europei ne parla anche la gente comune. È un bene che sia così, cioè che gli italiani ne parlino, perché la proposta di legge Zan è di importanza capitale e, se fosse approvata, avrebbe ripercussioni gravi sulla vita di tutti.
Ne parlano anche le piazze e numerose sono le manifestazioni tenutesi nella Penisola, la più famosa essendo quella di Milano in maggio, quando si sono addirittura verificati tafferugli e disordini che hanno visto opposti le forze dell’ordine e i centri sociali, intervenuti a creare tensione in una manifestazione altrimenti pacifica.
Ancora l’altra sera, sabato, a Lucca, più di un centinaio di persone provenienti da tutta la Toscana si sono riunite aderendo all’appello di Pro Vita e Famiglia per testimoniare il proprio «no» a una proposta di legge che è un bavaglio imposto alla libertà di pensiero con la scusa di “tutelare” diritti già garantiti dalla Costituzione italiana. Alcune voci a favore del testo si sono levate dal collettivo di Lucca dell’associazione «transnazionale e transfemminista, contro il patriarcato», sic, Non una di meno.
In piazza Napoleone, contro il «ddl Zan», hanno preso la parola anche Donatella Isca, delegata del Dipartimento per la famiglia di Fratelli d’Italia, e il dottor Luciano Gheri, psichiatra pratese specializzato in neuropsichiatria infantile, che ha sottolineato come questa legge «[…] se imposta può produrre danni a dei bambini in crescita. Più i bambini sono piccoli più la distinzione di genere deve essere chiara».
Fra i manifestanti anche Barbara Canova, moglie e mamma di tre ragazzi, un lavoro nel campo della scuola, già candidata alle elezioni amministrative comunali di settembre 2020, referente per Viareggio di Pro Vita e Famiglia, che ad «iFamNews» spiega l’accaduto.
Cosa è successo sabato sera in piazza a Lucca, Barbara, così come in tante altre piazze italiane durante gli ultimi mesi?
È successo semplicemente che tanta gente ha voluto testimoniare la verità sulla persona umana, che invece i sostenitori del «ddl Zan» vogliono oscurare, maltrattandola. E affermare che non si può con una legge né manipolare né danneggiare le menti dei più piccoli, su cui è tanto facile “scrivere”, sfruttando le fragilità legate all’età per operare quello che ai nostri occhi è un vero e proprio indottrinamento.
Tu, personalmente, perché eri presente?
Perché sono libera e voglio rimanere tale. Questa legge è fatta per impedirlo.
E perché manifestare questa libertà proprio in piazza?
Perché è importante testimoniare, essere testimoni. In piazza c’erano molti giovani. Tanti hanno chiesto informazioni, fatto domande, volevano capire. Le persone del collettivo che si sono espresse contro di noi, erano poche per la verità, mi sono parse strumentalizzate, ideologiche. I giovani invece parlavano tra loro, si è creato un bel dialogo e se all’inizio mi sentivo decisa, determinata, poi mi sono accorta di avere uno sguardo “da mamma” verso di loro. Il desiderio di confronto era palpabile, la piazza ha fatto da catalizzatore.
Qualcos’altro ti ha colpita durante la serata?
Fra le tante cose importanti che ho visto e che ho sentito vi è stata la lettera che la madre di un ragazzo disabile ha rivolto all’on. Alessandro Zan. Sì, perché, come tutti sanno, oltre che contro la cosiddetta «omo/transfobia», la proposta di legge si vanta di lottare anche contro la misoginia e contro l’«abilismo», inteso come la pretesa discriminazione “ideologica” che subirebbero in Italia le persone disabili. Nel testo che è stato letto la signora diceva proprio che i disabili e le loro famiglie non hanno alcun bisogno di essere difesi da una sorta di “persecuzione”, che invece nella realtà non esiste, e che pertanto non si associano al disegno di legge in questione. Queste persone hanno piuttosto la necessità di essere sostenute nei propri bisogni dalla politica, cosa che troppo spesso la politica manca di fare, non di esserne strumentalizzati.
Dicevo che mi ha colpita perché mentre punta a “normalizzare” tutto, in realtà il ddl Zan appiattisce e annulla la differenza, nega le specificità, si fa prossimo a quella mentalità diffusa che conduce poi all’aborto e all’eutanasia come «scelte possibili». È la mentalità politica di una Sinistra che, mentre infila i disabili nel disegno di legge, affermando di proteggerli, poi promuove a suon di decreti e referendum la «cultura dello scarto» che considera certe vite «non degne di essere vissute»: il bambino meno che perfetto può essere soppresso con l’aborto selettivo, il malato incurabile, ancorché non terminale, può essere ucciso. Insomma, gridano di sostenere i diritti, ma evidentemente non quelli di tutti. Anche per questo è importante andare in piazza: per essere spinti a riflettere.