Last updated on Luglio 29th, 2021 at 02:26 am
Si dice che cambiare idea sia sinonimo di intelligenza. In politica può essere anche sinonimo di personalità spiccata, soprattutto quando porta a non condividere la posizione predominante nel proprio schieramento. Stefano Fassina, deputato di Liberi e Uguali (LeU), ha cambiato idea sul «ddl Zan». Nell’autunno scorso, pur precisando di avere «più di qualche dubbio», ha votato a favore del testo. Ora che il testo è stato calendarizzato in Aula al Senato il 13 luglio, Fassina esprime una posizione che nella Sinistra è controcorrente e la espone ad «iFamNews».
Onorevole, non crede sarebbe stato necessario un dibattito più approfondito quando il testo era alla Camera?
Il dibattito non è mancato nemmeno allora, ma è stato meno ampio e approfondito rispetto ai mesi successivi. Oltre ad alimentare il dibattito, è necessario tuttavia chiarire un punto politico.
Quale?
Occorre consapevolezza che, quando si interviene su terreni così delicati come quello dei diritti civili, sia necessario costruire un consenso che vada oltre il perimetro di una stretta maggioranza. È una questione di democrazia. Purtroppo però questa consapevolezza è stata insufficiente.
Lei come è arrivato in questi mesi a maturare una consapevolezza critica nei confronti del «ddl Zan»?
Attraverso l’ascolto del dibattito interno al mondo femminista: ho letto e condiviso le ragioni di esponenti come Marina Terragni e Francesca Izzo. E poi ho approfondito i rilievi di insigni giuristi e quelli della Chiesa Cattolica, anche di suoi esponenti di orientamento progressista.
Quali sono le maggiori criticità che rileva?
La prima è che l’articolo 1, attraverso la definizione di identità di genere, presenta una visione antropologica. È una visione legittima, ma è di parte, non può diventare una legge dello Stato. E poi non è necessaria al raggiungimento del fine dichiarato della legge: inasprire le pene contro le discriminazioni verso tutti gli orientamenti sessuali.
Cosa pensa invece dell’art. 4, quello sulla tutela la libertà d’espressione?
È stato inserito alla Camera per rispondere alle critiche del Centrodestra. Ma è pleonastico, perché questo diritto è già garantito dall’art. 21 della Costituzione. Credo comunque che, se cade il riferimento all’identità di genere, l’art. 4 si possa eliminare con tutto il suo portato di arbitrio giurisdizionale.
Anche se venisse tolto il riferimento all’identità di genere, non crede che questa legge possa trasformarsi comunque in uno strumento di soppressione del dissenso politico? Le critiche verso i matrimoni omosessuali o l’utero in affitto potrebbero essere ugualmente perseguite?
Certamente questo rischio c’è. Non lo dico io, lo hanno messo in evidenza studiosi e praticanti del diritto molto autorevoli: penso all’ex presidente della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick, che è notoriamente di area progressista, e al costituzionalista di area liberale Natalino Irti. Credo che i loro rilievi vadano presi in considerazione per quanto riguarda gli emendamenti da fare al testo.
Nutre perplessità anche nei confronti dell’art. 7, ossia al coinvolgimento delle scuole?
Anche qui, se si elimina il riferimento all’identità di genere, credo che la questione posta dalla Chiesa avrebbe una risposta. Tolta l’identità di genere, la Giornata contro la discriminazione omotransfobica non avrebbe aspetti di oggettiva incompatibilità con l’insegnamento della Chiesa.
In LeU – mi passi il termine – è “ammessa” la dialettica su questo tema?
Ci mancherebbe altro che non fosse ammessa: il parere su questo tema fa parte degli spazi di autonomia di ciascun parlamentare.
Lei è l’unico nel Gruppo ad avere una posizione critica rispetto al «ddl Zan»?
Che si è espresso in modo esplicito, sì.
Dunque qualche franco tiratore di LeU in Senato potrebbe esserci?
Non mi faccia dire cose che non ho detto e che non so. Secondo me è sbagliato arrivare a una conta dei voti su questo tema. È contraddittorio rispetto al funzionamento di una democrazia parlamentare, che dovrebbe promuovere sempre l’ascolto e la ricerca di compromesso, tanto più quando si tratta di diritti civili in riferimento a norme di rilevanza penale.
Compromesso che sta invece rifiutando il Pd. Secondo lei quanto influisce su questo atteggiamento l’influenza mediatica esercitata da Fedez?
Ritengo che la posizione di tanti miei colleghi sia autonoma. Ciò non toglie che certe “offensive” che arrivano da personaggi celebri contribuiscono a creare un clima di indisponibilità all’ascolto.
Secondo lei come andrà a finire?
Escludo che si arriverà al voto entro le prossime due settimane. E se continua il muro contro muro vedo molto complicata l’approvazione. Ma anche se si dovesse raggiungere questo obiettivo, non sarebbe un grande risultato, anche perché esporremmo la legge alla possibilità di essere capovolta al prossimo cambio di maggioranza.
A proposito di identità di genere, alle prossime Olimpiadi per la prima volta atleti trans, biologicamente uomini, gareggeranno in competizioni femminili. Opporsi a questa novità introdotta dal Comitato olimpico internazionale (CIO) significa difendere i diritti delle donne o essere transfobici?
È una declinazione pratica dell’identità di genere che ha delle conseguenze negative. Non può risolversi con una mera registrazione anagrafica. Con tutto il rispetto per il CIO, ritengo che questo tema, che riguarda i diritti delle donne e le pari opportunità, vada affrontato in modo adeguato da un punto di vista legislativo.
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