Last updated on Luglio 21st, 2021 at 09:32 am
Nell’audizione al Senato del 2 giugno, Giorgio Ponte ha sintetizzato in poco più di dieci minuti tanto la propria esperienza di vita quanto le ragioni puntuali per le quali il «ddl Zan» non è una legge accettabile. Non era affatto facile, ma Ponte si dice «soddisfatto» sia della testimonianza sia dei riscontri della gente. La sua storia personale fece del resto il giro d’Italia circa sei anni fa, ai tempi delle manifestazioni contro il «ddl Cirinnà». Insegnante di religione e, da poco, anche scrittore di successo, Ponte testimoniò con grande libertà il proprio percorso umano e spirituale di persona con tendenze omosessuali, che rifiutava in blocco la deriva antropologica LGBT+, con tutte le sue leggi liberticide.
Che bilancio trae della sua deposizione alla Commissione Giustizia del Senato?
Le persone da cui ho ricevuto sostegno sono più di quelle che si sono dette deluse. Molti di coloro che hanno seguito sia l’audizione sia il mio video sull’uscita di Fedez al concerto del Primo Maggio, hanno compreso le criticità di questo disegno di legge, cosa che, invece, sarebbe risultata impossibile se ci si fosse fermati solo ai media mainstream. Ho affrontato il tema anche con i miei studenti: molti di loro erano infatti rimasti colpiti della visibilità di cui Fedez ha abusato. Nonostante siano molto giovani, si sono accorti che, dal punto vista anche formale e giuridico, c’era più di qualcosa che non andava. Aver detto la mia su Fedez mi ha dato la possibilità di condividere la mia esperienza di vita. Come ho spiegato in audizione, non è detto che si debba per forza pensarla come me. Ma il «ddl Zan», al contrario, impedirà che si pensi diversamente dalla sua lettera.
Qual è l’aspetto più pericoloso del «ddl Zan»?
Un magistrato che il 2 giugno è intervenuto dopo di me, pur a sostegno di questo disegno di legge, Giulia Marzia Locati, ha dovuto ammettere che il testo si presta a interpretazioni. Il fatto stesso che una normativa possa essere lasciata all’interpretazione personale del giudice, quindi che qualcuno possa anche solo rischiare di essere rinviato a giudizio è già di per sé un deterrente a esprimere il proprio pensiero. Indipendentemente dal fatto che poi si risulti innocenti. Del resto sono proprio i sostenitori del «ddl Zan» a dirlo apertamente: lo scopo è quello di modellare i comportamenti sociali. Allora, se io so che l’espressione del mio pensiero sarà condizionata dall’interpretazione di un giudice, sceglierò preventivamente di non parlare. Tutto questo, in uno Stato di diritto e democratico, non è tollerabile. Ho citato i casi di Gilberto Gobbi e di Giancarlo Ricci: entrambi sono stati assolti dalle accuse sollevate contro di loro dai rispettivi ordini professionali solo per aver sostenuto che un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma. Con una eventuale legge Zan probabilmente Gobbi e Ricci non se la sarebbero cavata altrettanto bene.
Nell’audizione ha raccontato di aver ricevuto minacce…
Più volte mi è capitato di ricevere insulti in privato sui social media. Poco prima dell’audizione al Senato una persona che conoscevo da tempo, e che ultimamente ha scelto la strada del travestismo, ha iniziato ad attaccarmi duramente. Quando ho replicato che non impongo mai a nessuno di fare le mie stesse scelte mi ha minacciato con un messaggio vocale, dicendo che le persone come me non dovrebbero esistere e che avrebbe fatto di tutto per metterle a tacere. Già da quando mi sono esposto per la prima volta, nel 2015, molte persone hanno rotto i rapporti con me, nonostante in precedenza vi fossero stima e amicizia profonde. La cosa che lascia amareggiati è che su questi temi non sia contemplata la possibilità del rispetto reciproco al di là delle differenze di pensiero. C’è troppa radicalità: o sei con me o sei contro di me.
Il recente rapporto sulle leggi anti-omofobia nel mondo evidenzia come la libertà di religione, di pensiero e persino economica siano seriamente minacciate…
È la conferma di quanto penso: chi promuove leggi come il «ddl Zan» sa perfettamente quello che vuole e si disinteressa volutamente degli effetti liberticidi che essa produrrà se approvata. Altri forse, pur essendo in cuor proprio in disaccordo, affermano di appoggiare una legge così per disciplina di partito o nel timore di non alterare gli equilibri interni alle forze politiche: magari sono i primi a illudersi che le soppressioni sistematiche della libertà, in fin dei conti, da noi non avverranno. In un certo senso tutti i regimi totalitari si reggono su dinamiche di questo tipo. Con questo non voglio dire che attualmente siamo in un regime totalitario: di certo non c’è un despota identificabile in forma personale, ma c’è sicuramente un’ideologia di tipo tirannico. Anche oggi, comunque, c’è chi dice: “Non è verosimile che tutto questo accada”. La stessa cosa la pensavano però moltissimi, ai tempi del nazionalsocialismo, riguardo ai campi di concentramento. Chi è in malafede sa quello che vuole, chi è in buona fede non riesce a riconoscere la realtà e cerca giustificazioni. Voglio sperare ci sia ancora chi ragiona in maniera sensata e non si lascia condizionare dai retropensieri.
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