In Finlandia il processo a carico dell’ex ministro Päivi Räsänen e del vescovo luterano Juhan Pohjola è arrivato alla seconda tappa. L’ex ministro finlandese degli Interni e il vescovo della Missione evangelica luterana sono stati tarsciontai in tribunale con un’accusa proditoria, prevista esplitamente dal Codice penale del Paese: «agitazione nei confronti di una minoranza», quella delle persone omosessuali e transgender.
L’accusa afferma che la Räsänen, da 27 anni deputata nel parlamento di Helsinki, avrebbe insultato pubblicamente le persone omosessuali per ben tre volte: in un saggio di carattere educativo (l’opuscolo del 2004 Male and Female He created them) commissionatole dal vescovo Pohjola, in un tweet del 17 giugno 2019 e in un programma radiofonico del 20 dicembre dello stesso anno. L’ex ministro ritiene che gli atti omosessuali siano un peccato ma ha ribadito più volte che gli omosessuali sono creature di Dio e dotati di una dignità incancellabile.
Sono le azioni che indentificano una persona?
Il procuratore di Helsinki, Anu Mantila, afferma che non è in discussione la libertà religiosa dei due imputati, i quali, però, sarebbe responsabili per l’uso (strumentale) dei versetti biblici. «Se è così, le opinioni della Bibbia hanno soppiantato la Costituzione finlandese», afferma.
La “dottrina Mantila” imporrebbe cioè una distinzione tra libertà di pensiero e di coscienza da un lato e libertà di espressione dall’altro: la prima sarebbe illimitata, la seconda incontrerebbe degli ostacoli. Al tempo stesso, però, il pubblico ministero identifica completamente azione e identità umana. «Quando si giudicano le azioni, tutta la persona è giudicata», dcie. «Le azioni non possono essere separate dall’identità perché le azioni fanno parte dell’identità. Comprendere le azioni come peccato è dispregiativo».
La visione antropologica del procuratore finlandese ritiene quindi che criticare le azioni di una persona omosessuale o transessuale equivalga all’offesa del loro «nucleo di umanità»: quasi come se l’identità sessuale costituisse l’essenza stessa della persona e non un elemento tra gli altri.
Il pubblico ministero fa poi riferimento a un rapporto del Consiglio d’Europa in cui si sollecitano gli Stati ad adottare una posizione ferma contro le violazioni dei diritti delle minoranze sessuali. Secondo le raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (31 marzo 2010), le comunità religiose devono promuovere anche la tolleranza dell’omosessualità. Il che è surreale.
«Conta più il Codice penale del Consiglio d’Europa»
Da parte propria, Matti Sankamo, avvocato della Räsänen, nella propria dichiarazione conclusiva afferma che i rapporti e le raccomandazioni del Consiglio d’Europa menzionati dal pubblico ministero sarebbero, in questo caso, irrilevanti.
«Le fonti del diritto rilevanti sono il Codice penale finlandese, la sua ermeneutica e le pratiche della Corte suprema e della Corte europea dei diritti dell’uomo», sostiene l’avvocato Sankamo. Aggiungendo opportunamente: «Ci sono molti rapporti del Consiglio d’Europa e possono giustificare qualsiasi cosa».
Secondo Sankamo, la sezione 10 del Codice penale finlandese che vieta la minaccia, l’insulto e la diffamazione contro determinate categorie di persone, non riguarderebbe la sua assistita. Sarebbe invece punibile, in quest’ottica, la diffusione di informazioni, di opinioni o di altri messaggi in cui la violenza o la discriminazione siano considerate desiderabili, le persone siano paragonate ad animali o a parassiti e le minoranze sibnao generalmente indicate come criminali.
Päivi Räsänen, quindi, non avendo mai detto che ci si debba sbarazzare dell’omosessualità o che le persone omosessuali sarebbero inferiori come esseri umani, non rientra tra le categorie incriminate.
L’imputata: «Mentalità da Corea del Nord»
L’accusa a carico del vescovo Pohjola è dunque proprio quella di avere editato e distribuito il saggio del 2014 firmato dalla Räsänen: anche questo testo, afferma l’avvocato del vescovo, Jyrki Anttinen, è stato scritto con intenti né offensivi né denigratori verso le “minoranze sessuali”. Inoltre, aggiunge il legale dell’ex ministro, «bisogna avere il diritto di esprimere il proprio punto di vista basato sulla Bibbia. Questa è libertà religiosa».
«La distinzione tra l’uomo e le sue opere è una norma universale e un insegnamento cristiano fondamentale sulla creazione e sulla redenzione», sottolinea l’avvocato Anttinen. In più, «attraverso le sue interpretazioni, il pubblico ministero cerca di mettere a tacere e criminalizzare l’insegnamento biblico degli imputati e l’etica sessuale generale nel cristianesimo». Pertanto, accettare questa sua interpretazione «porterebbe alla criminalizzazione della professione pubblica della fede cristiana», conclude Anttinen.
Al termine del processo, il presidente del tribunale, Tuomas Nurmi, ha annunciato la sentenza per il 30 marzo. La prima udienza si era tenuta il 24 gennaio.
A conclusione del dibattimento, a colloquio con i media, Päivi Räsänen si è detta serena e fiduciosa in un’assoluzione. «Alla fine, si tratta di sapere se si può esprimere ciò che è peccato nell’etica sessuale, in base all’insegnamento della Bibbia», dice l’imputata con riferimento alle argomentazioni del pubblico ministero. «Se non si lascia esprimere, si viola la libertà di religione, perché la libertà religiosa include il diritto di credere, ma anche di insegnare e diffondere la fede agli altri», afferma Räsänen. «Secondo la logica della procura, saremmo in Cina o in Corea del Nord in termini di libertà religiosa», ha aggiunto.
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