Last updated on Febbraio 28th, 2022 at 10:34 am
La Polonia è nuovamente nel mirino dell’Unione Europea per le proprie politiche pro-life. Stavolta in compagnia di Malta. Lo European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights (EPF), di cui fanno parte una decina di Paesi membri dell’Europarlamento, ha pubblicato, nelle scorse settimane, il primo Rapporto sul rispetto dei diritti riproduttivi in Europa. I parametri della ricerca comprendono l’accesso alle forniture contraccettive, la relativa consulenza, l’informazione da parte dei governi nazionali.
Nel ranking dell’accesso ai servizi contraccettivi, la Polonia risulta all’ultimo posto, con il 33,5% di copertura. Ai primi posti, si confermano i Paesi dell’Europa occidentale, registrando un sempre più forte divario con l’area ex comunista.
Gli attivisti contro la vita gongolano. Ma non troppo
Ad accogliere positivamente i risultati del rapporto è il segretario di EPF, Neil Datta, che porta avanti il teorema secondo cui un maggior ricorso alla contraccezione comporterebbe un minor numero di gravidanze indesiderate, quindi anche di aborti. «L’Europa ha tra i più alti tassi di prevalenza di contraccettivi e i più bassi tassi di aborto nel mondo», afferma Datta. «Ma questo progresso è molto irregolare, come vedete, alcuni paesi vanno molto bene e altri no».
L’anno scorso il record dell’utilizzo di contraccettivi era detenuto dal Belgio che quest’anno conserva la testa della classifica ma a pari merito (91,1%) con Francia e Regno Unito. A seguire Lussemburgo (85,2%), Svezia (82,9%), Estonia (81,6%), Paesi Bassi (81,1%) e Germania (75,1%). Tra i Paesi che stanno notevolmente implementando questi servizi, c’è proprio la Francia, dove le donne sotto i 25 anni, ricevono il rimborso totale dei contraccettivi. Anche l’Italia, sottolinea Datta, si sta sbarazzando di alcune «barriere amministrative inutili».
Altri Paesi che procedono spedite lungo la strada del controllo delle nascite sono la Lituania, che mette a disposizione delle donne più giovani una qualche forma di contraccezione reversibile a lunga durata d’azione, mentre nel Regno Unito le pillole contraccettive sono state riclassificate per renderle più accessibili.
La tirata d’orecchi di Datta, inevitabilmente, è indirizzata a una serie di Paesi dell’Est che «andavano male» e «continuano a far male»: il riferimento è alla Slovacchia (49,7%), alla Grecia (49%), alla Croazia (44,3%), all’Ungheria (44,9%) e, per l’appunto, alla Polonia. Quest’ultima, oltre a confermarsi in fondo alla classifica, avrebbe addirittura numeri inferiori rispetto allo scorso anno: «Peggio di quanto ci aspettassimo», commenta sconfortato Neil Datta.
Eppure, nonostante l’andamento galoppante della contraccezione nell’Europa Occidentale, c’è chi teme che «ciò che sta accadendo in Polonia possa accadere altrove». Ad affermarlo è l’eurodeputata liberale francese Irène Tolleret, che afferma: «Queste cose accadono per colpa di politici populisti che hanno deciso di mantenere il potere affrontando gli LGBT+ ma anche attaccando i diritti delle donne e, in particolare, i diritti sessuali e riproduttivi».
C’è persino chi, come Ilona Kikbusch, fondatrice del Global Health Center, teme «ripercussioni sulla salute delle donne» e una diminuzione dei diritti, a causa di politiche percepite come «autoritarie e religiose». L’eurodeputata liberale neerlandese Sophie In ‘t Veld ripone le sue speranze sulla presidenza francese del Consiglio dell’Unione Europea per adempiere alla necessità di una «unione sanitaria» per non lasciare che presunte «forze ideologiche» determinino un minor servizio contraccettivo a livello europeo. Tutte posizioni che sembrano accodarsi a quanto affermato all’inizio di quest’anno dal presidente francese Emmanuel Macron, che auspica l’inclusione dell’aborto tra i diritti fondamentali.
Controtendenza totale
La Polonia è effettivamente il Paese europeo dove i servizi contraccettivi sono meno diffusi e dove, ad esempio, la pillola del giorno dopo è fruibile solo su prescrizione medica. Il punteggio del 33,5% registra un calo di 1,6 punti rispetto alla rilevazione precedente.
Una controtendenza rispetto a quasi tutto il resto d’Europa, che si accompagna all’introduzione del divieto d’aborto per malformazioni del nascituro: quest’ultima tipologia, in precedenza, copriva il 90% di tutti gli aborti legali in Polonia.
Da ricordare che, tra le altre cose, il governo conservatore polacco, al momento del suo insediamento nel 2015, ha anche tagliato i finanziamenti statali per la fecondazione artificiale, promuovendo, in seguito una legge scolastica che estromette l’educazione sessuale, assieme alle organizzazioni ideologiche che la promuovono.
Il ruolo giocato da Malta nel rapporto spicca per ragioni diverse. In realtà, il piccolo arcipelago mediterraneo si colloca a metà classifica in fatto di utilizzo dei contraccettivi (65,4%). L’aborto, però, è ancora illegale e tale condizione è stata oggetto di pressioni da parte della Commissaria dei Diritti Umani del Consiglio di Europa Dunja Mijatović, mentre la ONG «Abortion Support Network» afferma di aver aiutato 269 donne maltesi a raccogliere informazioni per abortire all’estero.
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