Lungi da essere semplicemente una parata dell’orgoglio LGBT+, al limite un momento di condivisione con le città e la società civile, i «Pride» che si sono tenuti nello scorso fine settimana in numerosissime città finiscono per divenire il palcoscenico della politica, che sempre più spesso si preoccupa di dimostrare affannosamente la propria «non-omotransfobia», anzi, la propria dipendenza prona e supina all’agenda della «non-binarietà», qualsiasi cosa ciò significhi.
Lo si è visto a Milano, dove il sindaco Giuseppe Sala ha approfittato del palco degli oratori per attuare uno scambio do ut des con la comunità LGBT+, milanese e non solo. Sala ha annunciato di avere ripreso nel Comune meneghino, non si capisce bene in base a quale mutamento della situazione in essere, la registrazione dei bambini nati in Italia in coppie omogenitoriali, e ha chiesto in cambio il supporto LGBT+ al proprio operato e alla propria Giunta.
Lo si è visto, a tutt’altra latitudine, anche a Helsinki, in Finlandia, dove il primo ministro Sanna Marin, 36 anni, donna, del Partito Socialdemocratico, portando a motivazione anche il fatto personale per non dir personalistico di essere cresciuta in una «famiglia arcobaleno», ha annunciato per l’autunno l’aggiornamento della legislazione finlandese sulle persone transgender.
Come sempre, data la delicatezza della materia, alcuni aspetti della normativa possono risultare spinosi. La Finlandia è considerata all’unanimità un Paese “LGBT+-friendly”. Dal 2002 al 2017, Helsinki ha consentito le unioni civili fra persone dello stesso sesso, con diritti identici a quelli delle coppie sposate a esclusione dell’adozione di minori e del cognome comune. Nel 2014 il parlamento ha approvato anche il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso e l’adozione congiunta da parte delle coppie così formate, e la legge è entrata in vigore nel 2017. Dal 2007, le coppie composte da due donne hanno potuto accedere alla fecondazione assistita e la stepchild adoption è diventata possibile nel 2009.
Le persone transgender possono approfittare della registrazione del sesso d’elezione sui documenti di identità, a breve anche indicando un ipotetico genere “neutro”, ma prima di poter richiedere il riconoscimento legale del genere è necessario che siano prima state sterilizzate o che risultino comunque infertili. È questa la prima delle condizioni che sarà modificata dalla nuova normativa, una volta approvata, l’abolizione di tale requisito.
Dovrà essere modificata anche la modalità di registrazione della maternità e della paternità nel Sistema di rilevamento della popolazione, aprendo file separati per le due forme di genitorialità, con la possibilità di essere spostati da uno all’altro in caso di cambio legale di sesso.
Un altro tema sul tavolo delle trattative, il più controverso, che vede una certa opposizione specie all’interno del Partito di Centro, è quello del cambio di sesso per ragazzini e ragazzine di soli 15 anni, caldeggiato da alcuni gruppi di attivisti transgender, i quali sostengono che «[…] i bambini sono consapevoli del loro genere sin dalla tenera età».
La discussione, ha precisato il ministro Marin, prenderà il via nella sessione autunnale di sedute del parlamento, che inizierà il 6 settembre.