Last updated on Novembre 12th, 2021 at 10:03 am
Ha fatto scalpore, ma neanche troppo, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 28 ottobre. In sintesi, il massimo organo della magistratura italiana, che detta i princìpi di diritto che tutti i giudici debbono applicare, ha sancito che i rapporti sessuali tra un maggiorenne e un minorenne, se entrambi sono consenzienti, possano essere filmati e fotografati purché video e immagini non siano poi divulgati. Qualcuno – ma appunto non molti – ha espresso perplessità. Tra costoro Maria Spena, deputata di Forza Italia e docente di discipline Giuridico-Economiche, che «iFamNews» ha intervistato.
Onorevole, come valuta la decisione delle Sezioni Unite?
Sono abituata a rispettare le sentenze e lo farò anche in questo caso, però non posso nascondere di nutrire qualche perplessità. Sappiamo che l’articolo 600-ter, primo comma, del Codice Penale prevede addirittura la reclusione da 6 a 12 anni e una multa compresa fra 24mila a 240mila euro per chi – cito testualmente –, «utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico». Credo che con questa norma il legislatore abbia anche sentito la necessità di mettere al riparo il minore dalle insidie del web e delle nuove tecnologie in termini di facilità di adescamento e di diffusione di materiale. La nuova sentenza afferma che sono da considerarsi lecite le riprese di un atto sessuale tra una persona maggiorenne e una minorenne a patto che ci sia la libera scelta di quest’ultima e che il loro uso sia «esclusivo dei partecipi dell’atto». Bene questo paletto, ma mi preoccupa l’idea che possa essere aggirato vista la facilità e l’immediatezza di scambi di contenuti su web e app.
La notizia ha avuto poca eco mediatica: come se lo spiega?
Al di là della eco della sentenza delle Sezioni Unite in sé, credo che sia più utile evidenziare come di contrasto alla pedopornografia si parli sempre meno nonostante il fenomeno sia tutt’altro che in diminuzione: i dati della Polizia Postale indicano che nel 2020 i reati online in danno di bambini e ragazzi sono aumentati quasi dell’80% e nel primo quadrimestre del 2021 questa tendenza si è confermata con un aumento del 70%. La pandemia, peraltro, da una parte ha reso più vulnerabili i minori e dall’altra ha fatto diventare più facili gli adescamenti online, visto il maggiore tempo che si trascorre in casa. Non è il momento di abbassare la guardia sulla lotta alla pedopornografia, ma è piuttosto quello di alzarla perché i nostri ragazzi non sono mai stati così esposti ai rischi come adesso.
Cosa fare per arginare questi fenomeni?
Voglio ricordare, con orgoglio, che se il revenge porn è un reato in Italia è merito di Forza Italia che ha fatto una dura battaglia parlamentare affinché venisse inserito nel testo sul Codice Rosso. Grazie a questa legge di civiltà, oggi chiunque invii foto o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona coinvolta rischia da 1 a 6 anni di carcere e una multa da 5 a 15 mila euro. La pena aumenta se il reato è commesso dal coniuge, anche separato, e se la persona offesa è incinta o in condizione di inferiorità fisica o psichica. A questo proposito, merita di essere menzionata una recente novità del cosiddetto Decreto Capienze con il quale nel Codice della privacy s’inserisce una disposizione che rimarca come anche i minori ultraquattordicenni – o le loro famiglie – possano fare reclamo al Garante per segnalare la diffusione di proprie immagini sessualmente esplicite senza il loro consenso.