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«La scuola non può trasformarsi in presidio sanitario»

A tre settimane dalla riapertura l’allarme di una maestra elementare

Federico Cenci di Federico Cenci
23/08/2020
in Famiglia
288
Reading Time: 4 mins read
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Aula scolastica - Image from Pxhere

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Last updated on Settembre 3rd, 2020 at 10:31 am

«Sono molto confusa. Il dibattito estivo sulla scuola è estenuante, caratterizzato da tante parole e poca chiarezza. Questo rende il clima incerto e carico di domande a cui non si riesce a dare una risposta». Nel mare magnum di notizie sulla riapertura dell’anno scolastico si disperde la voce di chi è chiamato alla prima linea dell’istruzione dei giovani. Si parla insistentemente di nuovi spazi da ricavare, protocolli sanitari, didattica a distanza, ma a pochi sembra interessare come gli insegnanti si stiano preparando a un inizio delle attività che si prevede molto complicato.

Mascherine

“iFamNews” ha così scelto di sentire il parere di una maestra di scuola elementare, che ha preferito comparire con uno pseudonimo: Giovanna Marchetti. La sua è la voce di una categoria che in questa fase storica è frastornata. A tre settimane dal suono della prima campanella dell’anno, i punti di domanda sono ancora troppi, così come le perplessità. Una di queste deriva dalla conferma, da parte del Comitato tecnico scientifico, dell’obbligo di indossare la mascherina durante le lezioni per tutti gli alunni dai sei anni in su.

«Mi vengono due considerazioni», dice a tal proposito la Marchetti. «La prima: come spesso accade, si parla della scuola come di un tutto unico. Ma sappiamo che un bambino di prima alla Primaria è molto diverso da un ragazzo della Secondaria, per esempio uno studente che si prepara alla maturità. Le fatiche sono diverse a seconda dell’età e bisognerebbe tenerne conto. Per i bambini di sei-dieci anni sarebbe quindi interessante sentire il parere dei pediatri».

C’è poi un secondo aspetto che la maestra sottolinea: «La mascherina è un dispositivo che protegge, ma non è semplice tenerlo per ore in un luogo chiuso. Costringe a rivedere i tempi e le modalità della didattica, per lasciare degli spazi di pausa a tutti, anche al docente. Soprattutto quando la stagione sarà più avanzata e stare all’aperto sarà meno agevole».

Le procedure sanitarie

Non solo mascherine. Il personale scolastico dovrà far osservare agli studenti anche altre norme anti-contagio. Saranno tutti in grado di farlo? «Le scuole si stanno organizzando, già da tempo», assicura la Marchetti, «stiamo vivendo un’evenienza mai sperimentata prima e quindi la realtà è in continuo divenire». Ma per lei «serve la collaborazione di tutti, la scuola non può essere lasciata sola in questo sforzo, bisogna che gli enti locali e le famiglie rafforzino quell’alleanza che sta alla base di una autentica formazione. Detto questo, le scuole sono scuole e non possono trasformarsi in presidi sanitari. C’è una parte legata all’imprevedibilità dei casi. Ma c’era anche prima».

Non sembra destarle particolare preoccupazione l’eventualità in cui un bambino dovesse manifestare sintomi influenzali. «L’unico problema potrebbero essere gli spazi. Le procedure non credo saranno difficili da attuare: i bambini a scuola si sono sempre ammalati e sono sempre stati accolti e assistiti». Nei giorni scorsi, dopo un tam tam di informazioni allarmistiche circolate sui social, l’Istituto superiore di sanità (ISS) ha chiarito che un bambino positivo al CoViD-19 verrà gestito dai genitori e non direttamente dall’autorità sanitaria. «Resteranno però da chiarire i passi da fare se ci saranno dei casi», commenta la maestra.

Didattica a distanza

E se la scuola dovesse chiudere, si tornerebbe a seguire le lezioni da casa, con il volto davanti allo schermo? Così replica la Marchetti: «Penso che la vera scuola sia tale solo in presenza, perché la scuola è relazione. Il gruppo classe è insostituibile come “palestra” di esercizio affettivo e sociale. Non a caso nelle Indicazioni nazionali del ministero dell’Istruzione si parla di “comunità educante”. Gli strumenti digitali sono stati preziosi in un momento di emergenza come è stato quello del lockdown e possono esserlo come tramite per l’azione didattica, soprattutto in un’ottica di innovazione. Hanno un grandissimo potenziale. Ma sono strumenti. A questo proposito, sarebbe interessante sentire il parere dei pedagogisti. Invece spesso, nel dibattito sulla scuola, vengono consultati tutti, meno che loro».

Lo sguardo della Marchetti si rivolge, infine, verso la data del 14 settembre, che insegnanti e genitori hanno barrato sul proprio personale calendario. «Credo e spero che la scuola riapra. Ci sono perplessità, espresse anche dai sindacati della scuola. Ma in realtà gli insegnanti vogliono tornare a scuola». Il futuro che auspica la Marchetti è quello di un’alleanza tra scuola, famiglia e territorio. Alleanza che «in questi anni è stata davvero appesantita dalla burocrazia, invece la strada è tornare al cuore dell’apprendimento, che sta nella costruzione dei saperi attraverso la relazione. E questo», conclude «nessun distanziamento lo può cambiare».

Tags: CoViD-19digitaleScuola
Federico Cenci

Federico Cenci

Dal 2013 al 2017 ha lavorato all’agenzia cattolica di stampa Zenit occupandosi di temi sociali e religiosi, bioetica, politiche familiari, nonché politica interna ed internazionale. Ha quindi proseguito l'attività con In Terris, e attualmente con vari giornali e periodici. Nel 2020 ha scritto il romanzo "Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà"

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