Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:43 pm
Pedro Castillo Terrones, 51 anni, sindacalista e insegnante nella scuola primaria, rappresentante del partito Perù Libre, di ispirazione marxista-leninista, è il nuovo presidente del Perù. Si insedia oggi, dopo che la sua elezione è stata validata e ufficializzata il 19 luglio dal Jurado Nacional de Elecciones (JNE), il tribunale elettorale di Lima.
La validazione si è resa necessaria a causa delle accuse di irregolarità mosse dall’altra candidata giunta il 6 giugno al ballottaggio con Castillo, Keiko Fujimori, del partito Forza Popolare e definita «populista di destra». La Fujimori ha presentato un ricorso la cui soluzione ha richiesto alcune settimane e si è poi concluso con la vittoria del candidato.
I predecessori
Castillo raccoglie un’eredità complessa e un Paese in difficoltà, specialmente per la sfiducia che la società peruviana nutre nei confronti della classe politica. Né del resto tale sfiducia stupisce, se si guarda alla storia recente. Nel 2017 Ollanta Humala, presidente dal 2011 al 2016, fu accusato di corruzione e arrestato nel contesto dello scandalo Odebrecht per riciclaggio di tangenti. Nel 2019 Alan García, presidente dal 2006 al 2011, ugualmente coinvolto in quell’affaire che ha visto cadere molte teste in numerosi Paesi iberoamericani, si suicidò nel momento in cui la polizia si presentò a casa per arrestarlo. Nel novembre 2020 fu votato l’impeachment, di nuovo con l’accusa di corruzione, al presidente Martín Vizcarra, subentrato in carica nel 2018 a Pedro Pablo Kuczynski, dimessosi improvvisamente per la medesima accusa.
Non sorprende perciò che il marxista Castillo, nello sforzo di chiamare all’unità i peruviani, in un messaggio via Twitter abbia affermato che «[…] è giunto il momento di invitare tutti i settori della società a costruire insieme, in questo Bicentenario, un Perù inclusivo, un Perù giusto, un Perù libero. Senza discriminazioni e rispettoso dei diritti e di tutti».
Per una volta, però, e questo sì sorprende, la parola «diritti» pare non nascondere il solito trabocchetto che vuol far passare per diritto umano qualsiasi desiderio improvvisamente espresso dal gruppo sedicente discriminato di turno per servire su un piatto d’argento aborto, gender e anche eutanasia.
Contro le istanze LGBT+ e il gender nelle scuole
In campagna elettorale, infatti, Castillo si è dichiarato pubblicamente contrario alle unioni fra persone dello stesso sesso, che erano state invece un cavallo di battaglia dell’ex presidente Kuczynski, contrario alle adozioni da parte di coppie omosessuali e contrario all’inserimento di tematiche LGBT+ e relative all’«identità di genere» nelle scuole, considerate tutte minacce evidenti alla protezione della famiglia naturalmente intesa, attraverso il grimaldello dell’educazione sessuale proposta dal governo nei mesi passati.
«Occorre difendere la famiglia nella scuola», ha affermato Castillo. «Pensare a qualcos’altro è distruggere la famiglia. Come insegnanti, rispettiamo e sottolineiamo i valori della famiglia. Bisogna tornare a scuola e riprendersi quelle lezioni che ci sono state sottratte per diffondere ideali diversi. Che tornino l’educazione civica, la ricerca, l’economia politica, la filosofia. I giovani saranno la nostra priorità, e avranno tutta la forza e l’avallo di un governo democratico»
Castillo si è dichiarato contrario anche all’eutanasia e alla legalizzazione degli stupefacenti, e soprattutto si è dichiarato contrario alla depenalizzazione dell’aborto.
Contro l’aborto
Attualmente l’aborto in Perù non è legale, a meno di pericolo di vita o di grave minaccia alla salute della gestante, e sono previste pene detentive sino a due anni nel caso venisse praticato. In realtà, come anche altrove, nella regione iberoamericana, pene detentive analoghe non vengono poi nella comminate, nella pratica sostituite piuttosto da altre modalità indicate dai tribunali. Ebbene, il nuovo presidente peruviano non intende portare avanti un’agenda politica che miri a cambiare tale situazione, nonostante l’opposizione dei movimenti pro-choice, che pretenderebbero la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
Sì, Castillo è un inedito, in equilibrio fra un’impostazione di politica economica di sinistra estrema, che riflette appieno l’ideologia del partito cui appartiene, e ideali conservatori sul piano delle politiche sociali e dei diritti umani. Quanto su tale posizione pesi il fatto che il presidente sia cattolico, e la moglie appartenga alla Chiesa evangelicale peruviana, non è ancora facile dirlo.
Ma il punto è un altro. Come già accaduto in Italia, la misura pare essere sempre più colma anche a sinistra, e la spaccatura fra una “vecchia guardia” hard e una “nuova generazione” fluid sta portando molti nodi al pettine. Naturalmente non è affatto un discorso banalmente generazionale, bensì di tappe successive di un processo ideologico di sgretolamento che a volte trova il cammino sbarrato da qualche ritardatario. E mai come in questi casi la puntualità non è affatto un valore.
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