Last updated on Luglio 29th, 2021 at 02:21 am
Nel 2007 Marina de los Ángeles Portillo ha ucciso la propria bambina appena nata. strangolandola con una calza che le ha stretto su bocca e narici e una seconda serratale attorno al collo. Questo è quanto la giustizia di El Salvador ha stabilito, condannando la donna alla pena di 35 anni di carcere.
Il 25 giugno, dopo 14 anni passati dietro le sbarre, la donna ha ottenuto la libertà vigilata e quindi, in base alla normativa penale vigente nel Paese, ha lasciato la prigione.
Nel 2011 la bambina di Sara Rogel è stata trovata sepolta nel giardino di casa, 49 ore dopo la nascita, uccisa da un colpo vibrato con un corpo contundente. Secondo il rapporto investigativo del procuratore generale di El Salvador, la donna è stata condannata a 30 anni di carcere per omicidio aggravato.
Il 31 maggio, dopo 10 anni di prigione, anche Sara Rogel ha ottenuto la libertà vigilata.
Di questi due casi i media internazionali offrono letture molto diverse, contraddicendo peraltro l’agenzia stampa in lingua spagnola ACI Prensa e altre fonti locali. Le due donne sarebbero state cioè condannate al carcere per avere abortito. Addirittura, secondo CNN , El Pais e France 24, la Rogel sarebbe stata dichiarata “colpevole” di aborto spontaneo.
Per Marina Portillo è intervenuto persino l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), presieduto da Michelle Bachelet, già presidente del Cile.
Come ha raccontato ad ACI Prensa Sara Larín, fondatrice dell’organizzazione pro-life VIDA SV Foundation di El Salvador, l’OHCHR sostiene che nel caso Portillo «[…] si sia trattato di una complicanza di natura ostetrica, laddove in realtà la neonata è stata trovata strangolata».
Il motivo per cui l’Alto commissariato starebbe mentendo, secondo la Larín, risiede nella forte svolta abortista che si vorrebbe imprimere alla legislazione del Paese, a ruota della lobby pro-choice appoggiata, guarda caso, dalla “catena” di cliniche per aborti Planned Parenthood, e che anche nel caso della Rogel ha gridato allo scandalo di una condanna ingiusta per quanto definisce «un aborto dovuto a una caduta accidentale», come ha affermato in un tweet l’attivista pro-aborto Alberto Romero de Ur. Pure in questa circostanza, afferma Sara Larín, si tratterebbe di una assoluta menzogna.
In El Salvador, per altro, esiste un movimento chiamato Las17+, sostenuto anche da celebrity note in tutto il mondo, il quale afferma di lottare per la libertà delle 17 donne imprigionate nel Paese per, sostengono, «aborto o aborto spontaneo». Secondo quanto raccolto e provato da VIDA SV, invece, si tratterebbe in tutti i casi, come per Marina Portillo e Sara Rogel, di infanticidi perpetrati dalle stesse madri.
In El Salvador l’aborto è illegale e le donne che vi facessero ricorso rischierebbero una condanna da due a otto anni di carcere, ma i giudici comminano abitualmente pene alternative alla prigione e attualmente, secondo la Larín, non risulta nessuna donna detenuta per tale capo d’accusa.
L’OHCHR, però, afferma VDA SV, «chiede al governo salvadoregno di proseguire con la revisione dei casi in cui le donne siano incarcerate per crimini legati a emergenze di natura ostetrica e di armonizzare la legislazione sull’aborto agli standard dei diritti umani, al fine di evitare ulteriori condanne al carcere».
In breve, qualcuno ha tutto l’interesse a che anche El Salvador, come altri Paesi di area ibero-americana, renda l’aborto legale e a questo scopo va bene qualsiasi mezzo: se la realtà non si conforma al volere della lobby, è sufficiente cambiare la realtà.
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