Il genocidio dei cristiani nigeriani nel Parlamento Europeo

Oggi l’emiciclo ne discute in sessione plenaria. Perché è ora che invece di occuparsi di scempiaggini e ideologie le istituzioni comunitarie cambino la realtà

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Non c’è nulla da ridere. Mentre qualcuno si ostina, ridicolamente, a puntare il dito contro gli iceberg che si sciolgono al Polo Nord, in Nigeria si consuma, palesemente, violentemente, ma senza che alcuno se ne accorga, a parte il quarto d’ora di funebre celebrità in occasione dell’ennesimo assalto mortale, un genocidio.

La parola è di quelle forti, e i miei 23 lettori sanno che da decenni la uso con parsimonia e circospezione. Ma la uso. Mi muovo cauto nell’adoperarla perché genocidio non è semplicemente sinonimo di eccidio e di massacro. È una fattispecie criminale e dunque giuridica specifica, normata ad hoc dal 1948. Oggi il suo concetto è opportunamente in fase di estensione, per fare fronte alle vie seconde ma non secondarie che la pratica genocida sovente adotta, ma ciò non toglie che il termine si debba dosare con il contagocce. Epperò, ancora, le gocce vanno somministrate al momento giusto, altrimenti la cura non ha effetto e il male devasta.

Non faccio il giurista e non mi competono valutazioni tecniche in questo ambito. Ma, culturalmente parlando, è certamente genocidio il tentativo diretto e indiretto di eliminare sistematicamente un’intera popolazione umana distinguibile per etnia, religione e altra caratteristica identitaria inequivocabile (e questo a norma di statuti internazionali), così come è genocidio culturale, ovvero un genocidio semplicemente dilazionato nel tempo, l’annientamento di un gruppo umano consumato attraverso l’inibizione della sua continuità e della sua continuazione.

In Nigeria vive un gruppo di persone umane identificabili, autoidentificantisi e identificate come cristiane. Contro di loro si scatena la lucida follia della violenza terroristica sia di matrice religiosa sia di matrice politico-economica, che se ne vuole sbarazzare per X motivi finché non siano scomparsi tutti o ne siano rimasti un numero quantitativamente e qualitativamente così esiguo da non fare più la differenza, leggi non costituire più un problema.

I cristiani vengono colpiti in Nigeria perché sono cristiani. I cristiani vengono colpiti in Nigeria perché il loro cristianesimo è un fattore identitario. I cristiani vengono colpiti in Nigeria perché il loro cristianesimo incarnato in una cultura e in una idea di civiltà ha conseguenze concrete sul piano storico e sociale, oltre che sociologico: è un tratto distintivo che li individua come portatori di uno sviluppo altrimenti minore o persino nullo.

Sì, quello contro i cristiani in Nigeria è un genocidio perché i cristiani in Nigeria vengono violentati in quanto religiosamente cristiani, in quanto culturalmente cristiani, in quanto socialmente cristiani, in quanto identitariamente cristiani. Non c’è modo di stemperare il verdetto con distinguo pelosi. La giustizia faccia il proprio corso, ma la verità storica è evidente.

Il fatto che il genocidio dei cristiani nigeriani abbia registi meno immediatamente visibili (o meno volutamente visti) dietro la manovalanza grossier del terrore, che fa il gioco sporco sul campo per conto terzi, rende il verdetto storico ancora più fondato e circostanziato.

È dunque di importanza fondamentale che, nel clima dell’emozione passeggera, eccezione che conferma la regola del silenzio sistematico in cui versa il genocidio, non solo di oggi, dei cristiani nigeriani, le istituzioni internazionali si sveglino.

Il 6 giugno il Parlamento Europeo, in apertura di sessione plenaria, ha approvato la proposta avanzata dal gruppo Conservatori e Riformisti Europei di aggiungere all’agenda della sessione di Strasburgo proprio la discussione sulla strage di cristiani avvenuta domenica 5 giugno a Owo e quindi sull’intero problema.

L’eurogruppo auspica che sia l’occasione per riflettere e per agire da parte di Unione Europea spesso troppo sonnecchiosa e sovente affaccendata in questioni inutili. Perché, dice l’europarlamentare del gruppo Carlo Fidanza, promotore dell’iniziativa, «quello che conta è che, queste vittime, […] vanno ad aggiungersi al più grande genocidio in corso nel mondo, quello a scapito dei cristiani. Un genocidio che da anni si finge di non vedere e che va avanti per colpa del disinteresse delle istituzioni». La data della discussione è oggi, stasera, dopo le 18:00, presumibilmente a tarda serata. Orecchie aperte.

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