Il (dis)ragionamento circolare dell’ideologia di genere

I trans non sono in grado di definire i termini che usano, quindi nessuno lo è

In un recente puntata del programma televisivo Dr. Phil, condotto dalo psicolo Phillip Calvin McGraw e popolarissimo negli Stati Uniti d’America, il blogger conservatore Matt Walsh è comparso accanto a due persone transgender in quella che è stata reclamizzata come la presentazione di «entrambi le parti del dibattito sui pronomi di genere».

In una clip diffusa da Walsh via Twitter si vede il blogger rispondere a uno degli altri ospiti, «Addison Rose» Vincent (fondatore di «Break the Binary», uno degli strumenti dell’offensiva trans), che «le donne trans sono donne».

La logica inista nella risposta di Walsh è molto semplice: il blogger conservatore sfida l’altro ospite a definire il termine «donna», cosa che però quegli non riesce assolutamente a fare.

Per chi volesse la puntata completa è disponibile alla pagina YouTube del Dr. Phil, ma lo scambio è utile per evidenziare i molti modi in cui l’ideologia transgender s’impegola in una forma di “ragionamento” circolare difficile da definire logico e che altro non è se non voluta ambiguità. E così, rifiutando di fornire una definzione di «donna», si svuota di qualsiasi significato l’affermazione che «le donne trans sono donne».

Alla fine di questa clip Walsh afferma che ciò che i suoi avversari cercando di fare è soltanto «appropriarsi» del termine «donne» e del concetto di «femminilità» per «fondamentalmente trasformarlo in un cistume da indossare».

Ma è persino peggio di così, perché anche un costume ha un significante, un contenuto e un significato. Se un bambino si presenta alla porta ad Halloween vestito con un costume da Incredibile Hulk, probabilmente non è necessario chiedergli da cosa è vestito ma supponiamo di farlo e che il bambino risponda: “Sono un pompiere”. Ovviamente si rimarrà confusi, o, più esattamente, si dirà che è il bambino a essere confuso.

Ciò che gli ideologi trans stanno cioè cercando di fare non è tanto solo «appropriarsi» della femminilità: stanno invece adulterando il contenuto e il significato del termine. Appropriarsi di qualcosa può essere un gesto insensibile o addirittura offensivo e degradante, ma almeno non si pretende che il concetto di cui ci si appropria non esista. Al contrario, l’ideologia trans fa davvero finta che la «femminilità» non esista: non solo si appropria di ciò che significa essere donna, ma cerca anche di cancellare le donne.

Entrambi gli interlocutori di Walsh, nella clip qui sopra, affermano di non essere in grado di definire cosa sia la femminilità, che non spetta a loro dirlo, che per ogni persona la femminilità è una cosa diversa. Allo spettatore incauto (a quanto pare molti di coloro che, nel pubblico, applaudono inopinatamente) potrebbe sembrare un gesto intellettualmente umile e generoso, persino simile alla magnanimità di Socrate, l’uomo considerato il più saggio di Atene perché sapeva tanto da riconoscere di non sapere alcune cose.

Ma questo caso è bene diverso. Si tratta di una dichiarazione di notevole aggressività e orgoglio. Affermando che, qualunque cosa essa sia, la femminilità, è cosa diversa per ogni persona, gli attivisti trans non solo ammettono la propria incapacità di definire la «donna», ma soprattutto e anzitutto affermano che nessuna donna ha questo diritto. Nessuna donna può definire la femminilità. Nessuna donna può rivendicare la propria esperienza di femmina, in quanto come figlia, sorella, moglie o madre, di ciò che significa essere donna. Quell’esperienza, secondo la logica trans, è infatti sempre e solo l’asperiezna particolare di quella donna particolare donna e non definisce la femminilità in se stessa. Del resto niente di tutto ciò è contenuto nell’esperienza di “femminilità” che ostentano i barbuti di questa clip . E così la donna e la sua esperienza di donna, assieme alla definizione di femminilità che la donna può dare, dessere essere zittite, cancellate. Siccome gli attivisti trans non sono in grado di definire i termini che usano, nessun altro è autorizzato a definire i termini che usa, men che meno le donne.

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