Ho paura della variante italiana

Ospitiamo tutte le riflessioni intelligenti che possano venire sul Green Pass in relazione alle tematiche di cui qui ci si occupa

Pasta alla matriciana

Last updated on Settembre 8th, 2021 at 09:23 am

Dunque l’annoso caso del Green Pass. È il tormentone dell’estate 2021, con un mucchio di note stonate e raramente qualche voce sensata. In sé la cosa sembra semplice. C’è un morbo che impazza, bisogna premunirsi e per farlo bisogna riconoscersi fra simili premuniti, allontanando i pericolosi. Semplice, sembra.

Invece la cosa suscita un can can infernale da settimane. Eppure nessuno di noi ha mai storto il naso davanti a un film di fantascienza, da ultimo per esempio il brutto Life. Non oltrepassare il limite, quando i ricercatori isolano, senza nemmeno usare i guanti, i portatori di agenti patogeni o comunque le forme di vita sconosciute che potrebbero comportare rischi. Farlo è infatti perfettamente, incontrovertibilmente, ragionatamente ovvio. Chi infilerebbe, infatti, la testa nelle fauci del megalodonte?

E allora cosa c’è che non va nel Green Pass? C’è che non è un film di fanta-horror e che il nemico che ci si para innanzi è il CoViD-19, quello che ha mietuto inesorabile un numero di vite enorme, compresi alcuni amici nostri.

Ma c’è un secondo più pericoloso nemico. La variante italiana. No, non del CoViD-19, bensì appunto del Green Pass. Sa un po’ di matriciana e per il resto di sola. La sua ricetta è più o meno questa: sì, no, forse, vado, faccio, anzi ci ripenso, si fa così, si fa cosà, talk show come piovesse, ognuno dice la propria rigorosamente a capocchia, obbligo, non obbligo e mezz’obbligo, serve, non serve, chissenefrega, è un dovere morale. Ho scritto che la ricetta è più o meno così poiché funziona soltanto se le dosi degli ingredienti sono raffazzonate, quasi un Negroni sbagliato, poiché si può invertirne l’ordine e non cambia assolutamente un bel nulla, poiché ognuno ci può aggiungere quel pizzico di non so che personale che in centro si porta sempre benone.

Ebbene, come la pensiamo allora noi di «iFamNews» a proposito di Green Pass? Fortunatamente abbiamo idee inamovibili su questioni che non si negoziano e quindi la tenzone non ci appassiona. Ovvero noi osserviamo, prendiamo nota, proviamo a riflettere e, da giornalisti, registriamo tutte le occasioni di dialogo sano che la questione offre. Intanto continuiamo a occuparci della violenza sistematica mossa contro i pilastri della Terra, perché tra un po’ rischia di venire giù tutto.

Siccome non vogliamo però sottrarci alla hit del momento, perché poi qualcuno ci darebbe del renitente per avere disertato la passerella del prêt-à-porter estivo unisex, ragioniamo di tutto ciò che ci sembra essere serio attorno al Green Pass: libertà, obbligo, persona, potere, Stato, società.

Ho omesso salute? Sì, di proposito. Non sono medico, non sono epidemiologo, non sono virologo, non sono un guru e non una trasmissione in prima-seconda-terza serata a reti unificate e un tantino invidio i so-tutto che discettano a lungo sempre gli stessi tutte le sere (ma ce l’hanno una casa?) su cose di cui non conoscono nemmeno l’ABC, citando l’ultima statistica che nessuno legge epperò come no?, la testimonianza di Ulisse, il cui altro nome era Nessuno, forse pure l’opinione della zia Maria, un drago a fare i cannoli ma quanto al resto…

Voglio dire che non parlo di ciò che non so, me lo insegnò la mamma all’asilo, e non mi lancio in iperboli sull’efficacia dei vaccini, dei distanziamenti, delle misure prese, delle mascherine da soli in auto e così via. Rilevo statisticamente che nella storia i vaccini hanno fatto del gran bene all’uomo, che ne hanno abbassato la mortalità, che quindi hanno dato una botta enorme di vita al benessere generalizzato di cui soltanto un secolo fa manco ci si sognava e qui mi fermo. Qualcuno sotto il vaccino ci è rimasto? Credo di poter dire di sì, confortato dalla scienza medica. Ma tutti sanno che la guerra senza vittime non esiste.

Poi però aggiungo subito che, quando lo Stato diventa infermiere, nurse, badante e amante, i miei sensi di ragno formicolano. Che la parola «obbligo» la dovrebbero usare soltanto i confessori e i direttori spirituali. Che quando la libertà e i diritti vengono barattati con la sicurezza, Houston sa di avere un problema serio. Dunque che nessuno può imporre al prossimo suo il bene per decreto. E quindi, pur conservando le mie idee su vaccini e Green Pass, mal vivo le costrizioni, in specie all’italiana.

Mal vivo comunque pure le costrizioni al contrario, quelle di chi vuole martellare la propria visione “anti” nella testa degli altri. Persino con la violenza: scusate lo dovevo scrivere, se non lo avessi fatto mi avrebbero revocato il pass dei “no, ma anche”.

Quindi? Quindi continuo a dirigere «iFamNews» ospitandovi tutti gli spunti di riflessione intelligente che possono venire anche sul Green Pass in relazione alle tematiche di cui statutariamente qui ci si occupa.

Un caro amico e fedele lettore mi ha chiesto, dopo quanto ho pubblicato su queste pagine virtuali nelle settimane scorse, se davvero anch’io fossi un «No pass». È per questo che ho scritto questo editoriale oggi, versione lunga della risposta breve che ho dato subito al suddetto amico. Per aiutare tutti, in calce riporto i nostri articoli a tema, così che uno davvero si sinceri.

All’amico ho chiesto poi di non arruolarmi d’ufficio nell’esercito dei negazionisti, dei complottisti, dei «No vax», dei «No pass» e dei no brain. Perché, come si evince da quanto pubblichiamo, non lo sono e non lo siamo. Epperò pure di non appiccarmi per cortesia sul bavero la patacca dell’entusiastico propugnatore di marcatori e schedature perché non lo sono e non lo siamo. Quando la mano di certuni scende veloce alla fondina all’udire la parola «libertà», io infatti scatto come una molla. E scrivo, e pubblico.

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