Last updated on Settembre 25th, 2020 at 01:40 am
Il 25 agosto Päivi Räsänen, deputata del parlamento finlandese ed ex ministro dell’Interno, è stata interrogata per la terza volta in pochi mesi dalla polizia. Il motivo è semplice: nel dicembre 2019 Räsänen, partecipando a un programma della stazione radiofonica YiePuhe, ha risposto alla domanda «Cosa penserebbe Gesù degli omosessuali?» argomentando sulla base dei contenuti della fede cristiana che professa e quindi ragionando in maniera ampia su famiglia e matrimonio.
Le sue opinioni non sono però piaciute al procuratore generale il quale ha subito disposto indagini preliminari: la deputata è infatti sospettata di «agitazione etnica» contro un gruppo di persone (il mondo LGBT+), reato per il quale sono previsti fino a due anni di carcere.
Non è la prima volta che in Finlandia le istituzioni cercano di comprimere alcune libertà fondamentali come quella di espressione e la vicenda Räsänen è strettamente legata a quella del pastore Juhana Pohjola che “iFamNews” ha raccontato nei mesi scorsi. La deputata finlandese, tuttavia, ha fatto sapere su Facebook di essere stata contenta di poter spiegare a fondo le proprie prese di posizione alle autorità, ribadendo tuttavia di non avere intenzione di fare marcia indietro.
Del resto per la Räsänen la posta in gioco è chiara. «Queste indagini», dice la deputata, «riguardano una domanda semplice: se sia legale sostenere in pubblico opinioni che si fondino sugli insegnamenti biblici. Personalmente continuerò a difendere il diritto che ho di professare la mia fede, di modo che nessun’altro venga privato del proprio diritto alla libertà di espressione e di religione. Non ritratterò insomma quello che ho detto e non mi farò intimidire. Nessuno mi costringerà a nascondere la mia fede».
La Räsänen, responsabile dei Cristiani Democratici dal 2004 al 2015 e ministro dell’Interno dal 2011 al 2015, è preoccupata per la compressione di libertà fondamentali appunto come quella di religione e riconduce il processo di censura a cui la si sta sottoponendo alla mancata comprensione dei valori culturali e religiosi finlandesi. La deputata, infatti, si dice stupita dalla mancanza di conoscenza, da parte dei propri accusatori, del pensiero cristiano su creazione, peccato e salvezza.
Ora, il tema dovrebbe mettere in allarme tutti, dal momento che non è una problematica confinata unicamente alla Finlandia. Paul Coleman, direttore esecutivo di Alliance Defending Freedom (ADF International), la nota organizzazione no-profit che contribuisce alla difesa legale delle persone a cui è negata libertà di espressione e di religione, intervenendo spesso in cause al cui centro sta la sacralità della vita, l’istituto matrimoniale e la famiglia naturale, sostiene che le attuali leggi contro quello che viene definito «hate speech» stiano di fatto generando un clima censorio.
«In una società libera tutti debbono poter esprimere ciò in cui credono senza paura di essere censurati», dice Coleman, che, attraverso l’AFD, ha deciso di sostenere le spese legali della Räsänen. «La libertà di espressione è il pilastro di ogni società democratica. Criminalizzare le opinioni attraverso le leggi contro l’hate speech impedisce lo svolgimento del dibattito pubblico e dunque comporta una grave minaccia per le democrazie».
Purtroppo siamo solo all’inizio.
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