Last updated on Gennaio 3rd, 2022 at 07:34 am
La ribellione della macchina è un tema fantascientifico ampiamente sviscerato da letteratura e cinematografia. Affonda le radici nel mito greco di Prometeo e sboccia, nel XIX secolo, nel romanzo Frankenstein della scrittrice inglese Mary Shelley (1797-1851). L’ipotesi che una creatura artificiale, dalle sembianze umane, possa ribellarsi al proprio creatore, cioè all’uomo, è un’angoscia atavica che sembra avere trovato oggi – con robot sempre più innovativi – l’acme.
«Spaventa persino noi»
«L’umanoide più avanzato finora realizzato» si chiama Ameca ed è opera della società di robotica Engineered Arts. Persino gli sviluppatori lo trovano «spaventoso». Come si vede in un video pubblicato su Corriere.tv, l’androide presenta una somiglianza scioccante con un uomo. Movenze ed espressioni del viso potrebbero essere quelle di una persona. Soprattutto l’analogia che più lascia attoniti è la reazione dell’automa quando qualcuno ne invade lo «spazio personale». Nel filmato è visibile la mano di un uomo approssimarsi al viso del cyborg, il quale la fissa aggrottando gli occhi e poi, con gesto rapido, la afferra quando si avvicina troppo e la allontana. «Questo spaventa persino noi», ribadiscono gli informatici di Engineered Arts.
Robot in vendita
Il robot che spaventa persino i suoi “creatori” è alto 1 metro e 81 centimetri, pesa 49 chili di plastica, metalli e silicio, e riesce ad articolare 51 movimenti diversi con busto e braccia. Sarà presentato ufficialmente alla fiera dell’elettronica CES, che inizia a Las Vegas in gennaio. Il robot sarà messo in vendita. Non è stato comunicato un prezzo, ma la stima è che si aggiri su diverse decine di migliaia di dollari. Ma cosa se ne fa un facoltoso acquirente di Ameca? Cosa se ne fanno un’azienda, un’organizzazione, uno Stato di Ameca? È questa la domanda che dovrebbe suscitare riflessioni.
Dalla biologia all’informatica
L’incapacità dell’uomo di porsi limiti nel campo della scienza biologica dovrebbe suonare come un campanello d’allarme: uteri artificiali, ibridi uomo-animale, editing genetici, uomini sintetici rappresentano moderne sfide alle barriere dell’etica. Perché mai, allora, simili barriere dovrebbero essere rispettate nel campo dell’informatica? La domanda se la sono posta anche a Washington, dove si sta pensando a una “carta dei diritti” per regolamentare l’intelligenza artificiale: «ne abbiamo bisogno» per «difenderci dalle potenti tecnologie che abbiamo creato», scrivono su Wired Eric Lander e Alondra Nelson, direttore e vicedirettore dell’Office of science and technology policy della Casa Bianca.
Giudice robot
Certi scrupoli, tuttavia, rischiano di essere disattesi ad altre latitudini. Recentemente Richard Moore, direttore del Secret Intelligence Service (noto anche come MI6), cioè i servizi segreti britannici per l’estero, ha avvisato: «I nostri avversari stanno investendo denaro e determinazione nel padroneggiare» diversi settori delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale.
Moore, come rileva Gabriele Carrer su Formiche, si riferisce innanzitutto alla Cina: «adattarsi a un mondo influenzato» dalla sua «ascesa» rappresenta per gli 007 britannici «la singola priorità più grande». Ha fatto molto discutere, a tal proposito, la notizia lanciata dal South China Morning Post: la Procura del popolo di Shangai Pudong, la più grande della Cina, riporta sempre Formiche, sta sviluppando un sistema in cui la pubblica accusa è affidata all’intelligenza artificiale. Un giudice robot, dunque, che disumanizza il diritto conducendoci in un futuro distopico.
L’appello all’ONU
E provoca un brivido lungo la schiena pensare all’applicazione dell’intelligenza artificiale in ambito militare. «iFamNews» si è già occupata del soldato «bionico». Ma le preoccupazioni per una possibile deriva transumanista assillano anche chi è del campo. Risale a tre anni fa l’appello che 116 fondatori di aziende di robotica e intelligenza artificiale hanno rivolto all’Organizzazione delle Nazioni Unite per chiedere di frenare la corsa ai soldati robot. «Non abbiamo molto tempo per agire: una volta aperto il vaso di Pandora, sarà difficile richiuderlo», concludeva la missiva. Il tempo, intanto, passa inesorabile.
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