Last updated on Febbraio 18th, 2022 at 06:10 am
La discussione sul disegno di legge Bazoli-Provenza (dai nomi dei dure relatori, Alfredo Bazoli, del Partito Democratico, PD, e Nicola Provenza, del Movimento Cinque Stelle, M5S) è rinviata a marzo. Non è tuttavia una buona notizia per il fronte pro life. I tempi saranno infatti risrtetti, lasciando solo margine ridottissimo agli emendamenti. In questo modo i relatori puntano a comprimere il dibattito per accelerare e giungere ad una rapida approvazione. Un meccanismo simile fu utilizzato con il ddl Zan. «iFamNews» ne parla con Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia, che conferma la linea del suo gruppo parlamentare: contrarietà al disegno di legge sul cosiddetto «suicidio assistito», fatta salva la libertà di coscienza.
Onorevole Palmieri, mercoledì il ddl Bazoli-Provenza è approdato in aula alla Camera. Qual è stato l’esito?
L’unico scopo era quello di rinviare il dibattito in modo tale da scavalcare il mese di febbraio. Quando a marzo il dibattito riprenderà, i tempi saranno contingentati. È stata una mossa tattica per comprimere i tempi della discussione. Se fossimo andati avanti, ognuno di noi avrebbe avuto cinque minuti di tempo a testa per intervenire sugli emendamenti, mentre l’altra metà del gruppo parlamentare avrebbe avuto un minuto a testa. Il regolamento della Camera, però, consente che, nel caso in cui un argomento messo all’ordine del giorno venga rimandato al mese successivo, i tempi di discussione vengano contingentati e ridotti. Lo stesso meccanismo fu usato con la legge Zan. In questo modo vi sono tempi certi per la fine della discussione.
Uno strumento in più, dunque, nelle mani dei sostenitori del disegno di legge?
Se non ci saranno colpi di scena sarà così. In questo modo la maggioranza di turno ha uno strumento in mano per velocizzare i lavori, a differenza del passato, quando l’ostruzionismo poteva essere praticato in ogni momento.
Ha accennato al ddl Zan, che, però, poi, è stato bocciato al Senato, grazie al voto segreto…
In realtà, alla Camera, il voto segreto non ci fu e il ddl Zan passò a larga maggioranza, nel giro di un paio di settimane. Al Senato c’erano numeri diversi, molto più equilibrati, quindi, in generale, a Palazzo Madama bastano pochi parlamentari per cambiare l’esito di un voto.
Come si comporteranno i partiti, in particolare il vostro, nel votare questo disegno di legge?
Italia Viva lascerà libertà di voto, cosa molto diversa rispetto alla libertà di coscienza. Nel partito di Matteo Renzi non ci saranno indicazioni di gruppo su come votare, ognuno voterà per conto suo. Forza Italia, al contrario, nell’assemblea di gruppo che abbiamo fatto mercoledì, ha ribadito che voterà contro il provvedimento. Naturalmente sarà salvaguardata la libertà di coscienza di ciascuno.
Qual è invece la posizione del centrodestra in merito alle cure palliative?
Tutto il centrodestra è compatto – e lo ribadirà anche tramite emendamenti in Aula – su un punto: la persona che vuole chiedere il “suicidio assistito” deve prima sottoporsi a cure palliative. L’esperienza sul campo dice che è rarissimo che chi si sottopone alle cure palliative voglia poi la morte, perché questo metodo non consiste solo nella terapia del dolore ma nella totale presa in carico del paziente e dei suoi familiari dal punto di vista clinico, dal punto di vista psicologico e, in alcuni casi, anche dal punto di vista sociale.
Come rispondere dunque all’obiezione di alcuni parlamentari per cui si tratterebbe di cure troppo costose?
Rispondo che è il momento di rendere finalmente effettiva la legge 38/2010, votata all’unanimità ai tempi del governo di Silvio Berlusconi, che istituiva le cure palliative inserendole nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Per le palliative si potranno utilizzare anche i fondi previsti dal PNRR, da destinare alle cure stesse, alla formazione dei medici e del personale palliativista, per colmare il divario oggi esistente. Il nostro punto di vista è che lo Stato deve compiere ogni sforzo per sostenere una persona nella sua fragilità, evitando di prendere la scorciatoia del “suicidio assistito” senza prima aver tentato questa via. Le cure palliative sono la principale soluzione: le testimonianze dei palliativisti, compresa la nostra collega di Coraggio Italia, Fabiola Bologna, che lavora da tanti anni in questo ambito, conferma che chi si sottopone al ciclo di cure palliative normalmente non chiede di morire.
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