Il Canada è, probabilmente, il Paese in cui l’accesso all’eutanasia è il più agevole e meno ostacolato possibile, anzi, tutto il contrario. Anche «iFamNews» l’ha raccontato più volte su queste colonne virtuali, e ora sono sempre più numerosi i media che raccolgono ciò che sta costituendo un vero e proprio allarme.
Nel Paese nordamericano, dove è legale dal 2015 il cosiddetto «suicidio assistito» e dal 2016 l’eutanasia vera e propria, le due procedure possibili sono denominate «assistenza medica alla morte» (MAID). La seconda opzione è la più frequente e conta il 99,9% dei casi; nel 2021 ci sono stati più di 10mila morti per eutanasia, con un aumento di circa un terzo rispetto all’anno precedente.
La procedura eutanasica è sempre più richiesta da persone con disabilità, ma senza altri problemi medici; dagli anziani, timorosi di essere di peso per le famiglie; da individui che soffrono di depressione, che non sono aiutati in modo corretto ad affrontarla; da persone malate che avrebbero voluto essere curate, ma prive dei mezzi finanziari per farlo, mentre i fondi destinati alle cure palliative sono cinicamente deviati verso la «morte assistita».
Né il processo pare sulla via di essere invertito, o quantomeno fermato, dal momento che è in programma a partire da marzo una ulteriore “apertura” della legge in vigore nel Paese, in base alla quale la semplice malattia mentale sarà titolo per accedere alle procedure. Ne sono preoccupati molti osservatori, per esempio Marie-Claude Landry, a capo della Commissione per i diritti umani canadese, che afferma che l’eutanasia «non può essere considerata inevitabile, per il mancato rispetto da parte del Canada dei propri obblighi in materia di diritti umani».
Già l’anno scorso, inoltre, i tre inviati delle Nazioni Unite, incaricati per la verifica del rispetto dei diritti umani nel Paese, hanno redatto un lungo documento, presentato a Ginevra nel Palais des Nations, in cui si afferma che la legge canadese sull’eutanasia violerebbe la Dichiarazione universale dei diritti umani. Gerard Quinn, special rapporteur per i diritti delle persone con disabilità, Claudia Mahler, esperta indipendente per i diritti degli anziani, e Olivier De Schutter, special rapporteur per i diritti delle persone indigenti, hanno dichiarato senza mezzi termini che la legge ha avuto un «impatto discriminatorio» sui disabili e non era coerente con gli obblighi del Canada di sostenere gli standard internazionali sui diritti umani.