Cambiare sesso ai minori è un diritto umano

Accade in Messico per volontà del presidente del massimo tribunale costituzionale, ma l’opposizione è grande

Last updated on Ottobre 13th, 2022 at 02:40 am

La Primera Sala della Suprema Corte de la Justicia de la Nación (SCJN), in Messico, è competente in materia civile e penale. Dal 2015 la presiede il giudice Norma Lucía Piña Hernández che oggi, 20 ottobre, presenterà ai colleghi membri la richiesta affinché sia permesso a un minore di modificare il proprio atto di nascita con l’indicazione del sesso percepito in base all’identità di genere, invece del sesso biologico rilevato alla nascita.

Tale modifica, secondo il presidente della Corte Suprema, dovrebbe avvenire nel Registro civile di Città del Messico, direttamente attraverso un procedimento amministrativo, e non tramite l’approvazione in sede processuale come indicato in precedenza dalle autorità che si sono occupate del caso, cioè nello specifico il giudice distrettuale competente.

Attualmente, tale possibilità esiste per i maggiori di 18 anni, laddove per i minorenni è prevista piuttosto un’analisi dettagliata della situazione, in un procedimento giudiziario che verifichi e appuri circostanze e opportunità. Né possono richiedere l’iscrizione diretta nel Registro, senza processo civile, i genitori o chi eserciti la patria potestà o la tutela legale.

Quando il caso del minore è giunto davanti alla Corte Suprema, invece, il presidente Piña Hernández ha ritenuto di procedere con la richiesta, dal momento che, a suo avviso, «[…] il diritto all’identità personale e in particolare quello all’identità di genere sono legati al diritto al libero sviluppo della personalità, quindi il suo riconoscimento da parte dello Stato è di vitale importanza per il pieno godimento dei diritti umani delle persone trans».

Il presidente ne fa, quindi, una questione di «diritti umani» e la richiesta ha iniziato a essere presa in esame dai giudici della Corte il 13 ottobre.

La pensano diversamente, però, alcuni personaggi di spicco nel Paese in tema di difesa della famiglia, come per esempio Rodrigo Iván Cortés, presidente del Frente Nacional por la Familia (FNF), che durante una conferenza stampa ha sottolineato come la necessità di un procedimento giudiziario per dirimere questioni tanto delicate discenda direttamente dalla volontà di proteggere i minori, nel momento in cui lo Stato si pone come tutela a che siano verificati alcuni requisiti definiti essenziali, quali «il parere dei medici e la certezza del diritto».

La SCJN si trova al centro della polemica anche per un altro vulnus alla protezione della famiglia e della vita nascente, di cui «iFamNews» si è già in parte occupato: «[…] dopo essersi pronunciata a favore della depenalizzazione dell’aborto nel Codice penale [dello Stato] di Coahuila il 7 settembre, e dopo aver dichiarato incostituzionale la tutela della vita a partire dal momento del concepimento nello Stato di Sinaloa il 9 settembre, la Corte Suprema ha cercato di limitare il diritto all’obiezione di coscienza nella Ley general de salud».

In opposizione a tali posizioni si è generato un ampio movimento popolare, con manifestazioni «A favor de la mujer y de la vida», a favore delle donne e della vita, in tutto il Paese, con la partecipazione di circa un milione di persone, di cui 300mila a Città del Messico.

La Corte Suprema viene accusata di autoritarismo e di non rispettare il volere e il sentimento del popolo messicano: il Messico, afferma Mario Romo, direttore generale dell’associazione pro-family e pro-life Red Familia, «sigue siendo un país democrático», resta cioè un Paese democratico, in cui, come ben sintetizza e auspica lo slogan dell’associazione, «La familia es la solución».

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