Last updated on aprile 16th, 2021 at 04:05 am
L’amore di Dio per la creazione: l’intero Nuovo Testamento può essere letto in questa ottica. Dio invia il proprio Figlio unigenito a liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato attraverso la morte redentrice di questi. Il sacrificio cruento del Figlio – che è fatto presente in modo incruento in ogni celebrazione eucaristica – costituisce la vittoria, una volta per tutte, di Dio sulla morte. Ebbene, soprattutto a Pasqua, che per i cristiani è la festa della risurrezione del Figlio, Gesù Cristo, vale la pena di approfondire un poco questo mistero.
Già nell‘Antico Testamento emerge il messaggio di amore di Dio per l’uomo. Dio , infatti, conosce e ama la propria creatura dal primo giorno del suo concepimento (sic). Non solo nel libro della Genesi Dio giudica la creazione «buona» e «molto buona», ma tutto il Libro di Geremia testimonia questa bontà della rivelazione divina.
Dio si rivolge a Geremia dicendo: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1, 5). Di questo ogni pro lifer deve prendere adeguatamente nota. Infatti, molti Padri della Chiesa hanno scelto esattamente questo passaggio come punto di riferimento per sottolineare il valore della vita. Eccone qualche esempio.
Origene (183/185-253/254) scrive: «Dimentichiamo che le parole “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” si applicano a ogni essere umano. Se non ricordiamo Colui che ha formato l’uomo nel grembo materno, e che ha formato il cuore di tutti gli uomini individualmente, e comprende tutte le loro opere, non percepiamo come sia possibile che Dio aiuti gli umili e gli infermi, protegga i deboli, sia rifugio per chi si è arreso nella disperazione e sia il Salvatore di chi è dato per perduto». [1]
Tertulliano (155-220) afferma: «Dio non solo ci forma nel grembo materno, ma soffia anche su di noi, come fece alla prima creazione, quando “il Signore Dio formò l’uomo e soffiò in lui il respiro della vita”. E Dio non poteva conoscere un uomo nel grembo di sua madre, se non in tutto il suo essere: “E prima che tu esca dal grembo, io ti ho santificato”. Bene, forse che l’uomo fosse allora un cadavere in quella fase iniziale? Certamente no. Perché ‘Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi’». (Sull’anima, 26,1212). [2]
Qui è in particolare il significato del verbo ebraico a permettere una comprensione più profonda della relazione che intercorre tra Dio e l’uomo: «Nell‘Antico Testamento il verbo yāḏaʾ, “conoscere”, aveva spesso notevole profondità di significato perché si estendeva oltre la semplice conoscenza intellettuale per giungere fino all’impegno personale. Per questo motivo quel verbo viene usato per le relazioni intime tra un uomo e sua moglie (cfr. Gen 4, 1). Quel verbo viene dunque usato anche per indicare il legame fra Yahweh e Israele: “Ho conosciuto solo te tra tutte le famiglie della terra” (Am 3, 2). Per Yahweh era causa di dolore grande il fatto che il suo popolo non avesse conoscenza profonda di Dio (cfr. Os 4,1), giacché conoscere Yahweh era cosa molto più importante che bruciare offerte (Os 6,6). Quindi l’impegno serio di Yahweh verso il proprio servo risale a prima ancora della sua nascita». [3]
L’esegeta James Gavigan sottolinea come Dio eserciti signoria su tutta la vita (inclusi i nascituri) e come questa Sua signoria trascenda la natura: «L’azione di Dio nel creare un essere umano è descritta in modo vivido – lo “forma” nel grembo materno –, usando la medesima parola che si adopera per descrivere ciò che fa un vasaio quando scolpisce qualcosa nell’argilla. Il Signore “conosceva” Geremia: indicazione, questa, che Dio aveva scelto Geremia per un compito specifico (cfr. Am 3, 2; Rm 8, 29); Dio ha cioè un piano per ogni persona e dota ciascuno con talenti che gli permettano di realizzare quel piano. […] In una glossa, san Giovanni Crisostomo fa dire a Dio questo: “Io sono colui che ti ha messo insieme nel grembo di tua madre”. La tua vita non è né opera della natura né frutto della sofferenza. Io sono l’origine e la causa di tutte le cose: tu mi obbedirai e ti darai a me”, aggiungendo: “L’inizio non è il mio averti consacrato: prima ti ho conosciuto, poi ti ho consacrato”. Così si mostra l’elezione originale e, dopo di essa, la chiamata speciale”(Fragmenta in Ieremiam, 1)». [4]
Dio ama insomma la propria creazione, e ama specialmente l’uomo. Dio è in relazione con l’uomo anche prima della nascita dell’uomo. Ovvero:
- L’uomo (la sua anima immortale) è creato direttamente da Dio. Nell’atto coniugale i genitori umani agiscono come “co-creatori” del loro bambino.
- L’uomo è un “interlocutore” di Dio già prima di nascere. Dio si rivolge a lui. Dio non parla a una cosa “morta” o a un semplice grumo di cellule: parla all’uomo – che inizialmente, in questo dialogo, rimane ricettivo e passivo – e ne ha già concepito la vocazione e la missione nella vita.
- La chiamata di Dio per l’uomo avviene ancora prima che egli nasca. Con l’emerge di una nuova, fragile vita viene “co-creato” un progetto di Dio che attende poi realizzazione attraverso la cooperazione prima dei genitori, poi della persona stessa.
- Già prima della nascita il nuovo essere umano è un oggetto dell’ amore divino. L’uomo non diventa “degno di Dio” solo con le proprie opere, ma lo è già con il proprio essere.
- Dio è il creatore della vita. Non è la “natura” o il “peccato” (come dice il Crisostomo) la causa – sebbene la creazione dell’uomo passi attraverso il peccato originale –, ma lo è Dio stesso, che chiama l’uomo alla grazia. Attraverso la sua causa, Dio, e la sua meta, il Paradiso celeste, l’uomo è esaltato al di sopra di tutta la natura e la sua relazione con Cristo può “deificare” .
Nella visione del mondo giudeo-cristiana, dunque, la vita umana va difesa sin dal primo momento.
Qui nasce la missione di “iFamNews” e del suo editore, l’International Organization for the Family.
[1] Cfr. Dean O. Wenthe (a cura di), Jeremiah, Lamentations, Ancient Christian Commentary on Scripture, InterVarsity Press, Downers Grove (Illinois) 2009.
[2] ANF 3, 207.
[3] J. A. Thompson, The Book of Jeremiah, The New International Commentary on the Old Testament , Eerdmans, Grand Rapids (Michigan) 1980.
[4] James Gavigan, Brian McCarthy e Thomas McGovern (a cura di), Major Prophets, The Navarre Bible, Four Courts Press-Scepter Publishers, Dublino e New York 2005.
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