Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:06 pm
È di questi giorni la notizia della firma dell’intesa tra Conferenza episcopale italiana (CEI) e ministero dell’Istruzione al fine di bandire il concorso per i docenti di Religione cattolica. L’accordo arriva in un momento storico particolare per la scuola italiana e potrebbe rappresentare un segnale positivo nei confronti di una categoria che certo non sempre ha vita facile all’interno delle scuole italiane.
L’intesa con la CEI
La notizia è però a tinte chiaroscure secondo il professor Francesco Sansone, della Segreteria Nazionale ANAPS-Confsal (Associazione Nazionale Autonoma Professionisti della Scuola). Il docente, che insegna in Lombardia, rileva sì che «nell’intesa si tiene conto dell’idoneità abilitante dell’ordinario diocesano» e che in essa «viene riconosciuta l’intangibilità del 70% del contingente disponibile che permette ai colleghi che resteranno esclusi dal concorso di guardare con tranquillità al loro futuro». Ma è deludente il fatto che, dice Sansone, «si è omesso di specificare il valore abilitante dell’idoneità diocesana, penalizzando così migliaia di insegnanti». Sansone ritiene dunque sia più opportuno «bandire un concorso riservato non selettivo per titoli e servizio, come è stato fatto per tutti gli altri insegnanti, auspicato e ribadito anche dalla lettera firmata dai direttori diocesani della Lombardia».
La lettera al cardinal Bassetti
In una lettera inviata dalla Segreteria Nazionale ANAPS al card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, viene sottolineato che «la maggioranza degli insegnanti di religione non voleva e non vuole un concorso in questo periodo di pandemia». Più avanti si afferma che l’intesa «è un altro passo verso una scuola italiana votata al laicismo e verso l’emarginazione e l’esclusione definitiva dell’insegnamento della religione cattolica». Un attacco, questo, che perdura da tempo. E che potrebbe aver trovato nell’attuale emergenza un alleato.
Laicismo contro IRC
Non è di questo avviso il prof. Sansone, il quale rileva che molti dirigenti e insegnanti stimino i docenti di Religione cattolica. «Nonostante gli attacchi “laicisti” di chi tollera tutto tranne l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC)», spiega, i docenti «godono di grande considerazione e largo consenso tra gli studenti». Infatti «l’85% di loro sceglie di avvalersene».
Per Sansone l’IRC nella scuola, «proprio per il carattere identitario, che la lega alle radici della nostra cultura, non va discriminata, ma tutelata e salvaguardata come tutte le altre materie, poiché porta con sé una ricchezza culturale insostituibile a cui generazioni di scrittori, poeti, artisti, scienziati, filosofi e intellettuali hanno attinto». Tutto bene, dunque? Insomma. Lo stesso Sansone è infatti consapevole dei reiterati tentativi legislativi di abolire l’IRC.
No alla scuola digitale
Ma non c’è soltanto l’insofferenza diffusa verso la religione cattolica. In un quadro più ampio essa si colloca dentro l’offensiva della digitalizzazione nella scuola. A proposito di didattica a distanza (DAD), Sansone ritiene che, attraverso questa modalità, «sia estremamente difficile, se non impossibile, creare un rapporto di tipo educativo veramente efficace tra gli studenti e gli insegnanti».
Piuttosto che ricorrere al virtuale, il docente ritiene che si sarebbero potute mettere le scuole in sicurezza, «risolvendo in modo definitivo il problema delle “classi pollaio”, potenziando il trasporto pubblico, adottando sistemi di purificazione e ventilazione delle classi per cercare di ridurre il più possibile le ore di DAD, come del resto hanno fatto altri Paesi europei». Di qui il suo auspicio: «Non è più accettabile, ora che sappiamo meglio come fronteggiare il virus, l’ipotesi di continuare a tenere le scuole chiuse, poiché tale impedimento creerebbe un divario educativo che danneggerebbe ulteriormente le giovani generazioni».
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