Le rivelazioni sulla pratica abortiva sono sempre più sconvolgenti. I cosiddetti fautori della “libera scelta”, che ora, dopo la storica sentenza della Corte Suprema federale, si lagnano del possibile ritorno in massa degli aborti clandestini, galleggiano ogni giorno in un mare di irregolarità e illegalità. L’obiettivo non dichiarato è sempre lo stesso: in quanto aziende le cliniche abortiste puntano a massimizzare il proprio profitto e, pur di fare business, sono disposte a compiere le cose più atroci.
Se n’è avuta conferma con la recente indagine sotto copertura, realizzata da Live Action, uno dei più importanti e noti network pro-life statunitensi. Fintasi paziente, l’operatrice di Live Action si reca a parlare con un’infermiera della Washington-Surge Clinic, che le rivela due particolari-choc: prima di prendere accordi con il medico sulla procedura, le pazienti devono assumere lo Xanax, farmaco che compromette temporaneamente lo stato di piena coscienza. In più, la donna può andare a partorire da sola il suo bambino morto nella propria camera di albergo.
Altro dettaglio inquietante: alla Surge Clinic, spiega l’infermiera, è un metodo che non viene praticato, ma in altre cliniche si usa somministrare direttamente al bambino la digossina, un farmaco letale che lo uccide in utero, ben prima dell’espulsione.
La prevedibile tragedia… in hotel
Nel video, la simil-paziente domanda all’infermiera quale sia il protocollo. Le viene spiegato che il suo bambino «sarà vivo quando andrai a dormire» ma sarà sicuramente morto al risveglio della madre. L’infermiera parla di «aborto spontaneo» che avverrebbe, inducendo un «travaglio prematuro» cui seguirebbe l’espulsione del feto «in hotel».
Quando poi la giovane chiede come sia possibile assicurarsi l’aiuto in quella circostanza, le viene gelidamente detto: «Potremmo semplicemente dirti cosa fare con i resti. Dipende solo da cosa succede».
La finta paziente domanda anche quali potrebbero essere gli effetti dello Xanax sulla sua «lucidità di pensiero». Le viene risposto: «Potresti avere un po’ di sonno ma, a parte questo…». «Preferirei davvero parlargli prima», replica la ragazza con riferimento al medico. Non le viene però, lasciato scampo: «Dobbiamo assicurarci che [lo Xanax] sia nel tuo metabolismo, prima di parlare con il dottore».
Sedate e ingannate
La dottoressa Christina Francis, appena nominata amministratore delegato dell’American Association of Pro-Life Obstetricians and Gynecologists (AAPLOG), dopo aver visionato il video, ha confermato i dubbi della simil-paziente sullo Xanax, sostanza che, in una persona non abituata ad assumerla, «è sicuramente in grado di compromettere il suo giudizio e quindi la capacità di formulare un vero consenso informato».
Un sedativo come lo Xanax, aggiunge la dottoressa Francis, spesso impedisce agli assuntori di guidare o utilizzare macchinari pesanti fino a 24 ore, «compromettendo la loro capacità di prendere decisioni complesse».
Lila Rose, presidente e fondatrice di Live Action, afferma che la costrizione ad assumere «farmaci che alterano la mente», prima del confronto con il medico abortista cui va dato il consenso definitivo, è una «violazione dell’etica medica di base».
Alla luce di questo, afferma la Rose, l’investigatrice sotto copertura ha presentato una denuncia al Consiglio Medico del Distretto Federale di Washington, chiedendo di indagare su questa procedura che non appare affatto etica.
C’è però un ulteriore risvolto che lascia davvero turbati: il fatto che, alla Washington-Surge Clinic, il bambino non venga ucciso in grembo con farmaci sicuramente letali, apre la porta a scenari ancor più foschi. Aumentano cioè «le possibilità che i bambini nascano vivi, per poi venire brutalmente e illegalmente uccisi», sostiene Lila Rose.
La casa degli orrori
In effetti, il filmato-choc diffuso da Live Action potrebbe indicare una «probabile violazione etica e potrebbe giustificare ulteriori indagini», suggerisce Ben Mitchell, esperto di etica, già docente di filosofia morale nella Union University.
«Essere un medico comporta profonde responsabilità etiche e doveri professionali di informare e curare nei confronti del paziente», aggiunge Mitchell, ricordando che non rispondere alle domande che il paziente gli rivolge è un «inadempimento del dovere» da parte del medico.
Da parte sua, Lila Rose ha auspicato che «le autorità del Distretto Federale, compresi il sindaco, il medico legale e il capo della polizia» indaghino sulla clinica e sul suo direttore, il ginecologo Cesare Santangelo.
«Non solo stanno uccidendo bambini attraverso l’aborto, ma potrebbero commettere infanticidio, così come altri crimini federali quali l’aborto a nascita parziale. Chiediamo giustizia per questi bambini e la chiusura della Casa degli Orrori del Distretto Federale, la Washington-Surge Clinic», conclude la leader di Live Action.
La clinica della capitale statunitense è già stata nell’occhio del ciclone nei mesi scorsi per una serie di sospetti infanticidi. Anche in quel caso, la vicenda venne rivelata e denunciata da Live Action.
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