Last updated on aprile 10th, 2020 at 07:12 am
«Non ritengo importante ricevere l’approvazione della società. Dovrei essere “corretto culturalmente”: non lo sono». Questo era Gilberto Gobbi (1937-2020), scomparso il 30 marzo. Con quelle parole chiosava l’introduzione a un suo saggio sui valori antropologici, Sesso o amore. L’importanza dell’identità psicosessuale (Fede & Cultura, Verona 2014). Mi pare scolpiscano l’uomo e lo studioso.
Psicologo e psicoterapeuta, appassionato dei temi legati ai giovani ‒ con particolare riferimento alle questioni sessuali e affettive ‒ e alla famiglia, ha reso un servizio coraggioso e lucido alla verità sull’uomo.
Profondamente convinto che il comportamento sessuale debba radicarsi in un’antropologia autenticamente umana (dove ha sede la verità sull’uomo), ha documentato con onestà scientifica quanto si rivelino fondamentali, ai fini dell’identità psicosessuale, le relazioni, il vissuto, il clima psicoaffettivo della famiglia, unitamente alla dimensione biologica. Per questo ha sempre considerato seria ricerca della verità sulla persona ogni confronto onesto sulla sessualità, che è il riflesso di un pensiero più ampio riguardante l’intera realtà umana. Perché, soleva affermare, la sessualità, come tendenza, «coinvolge tutto l’essere umano nei sentimenti e negli affetti». Una caratteristica, questa, che da realtà tipicamente umana la eleva a una dimensione trascendente o comunque valoriale.
Analogamente, la vera essenza del matrimonio si radica in un’antropologia capace di rivelare all’uomo la propria natura reale e di collocarne le dimensioni in un’unità integrale.
Coerentemente con la sua concezione dell’umano e di fronte al dilagare della cultura gender, Gobbi soleva affermare come il bimorfismo sessuale sussista non solo per essere funzionale alla procreazione, ma pure per realizzare l’umano attraverso una dualità originaria in tutti gli ambiti della vita.
Nei frequenti incontri pubblici che abbiamo tenuto assieme, non esitava ad affermare che «negando l’evidenza e omogeneizzando i sessi non si dà vita a una pedagogia positiva di formazione della personalità, fino al rischio di negare l’uomo e la sua lunga storia di umanizzazione».
Per questa chiarezza cristallina nel pensiero e nella parola ha pagato un prezzo alto. Non solo nel remare incessantemente controcorrente, mai conformandosi alla mentalità del tempo, ma pure subendo l’umiliazione del doversi difendere dinnanzi al Consiglio dell’Ordine degli psicologi della sua regione. L’accusa consisteva nell’asserita esposizione di non meglio precisate “teorie sull’omosessualità” che Gilberto avrebbe sostenuto in alcuni dibattiti pubblici, dibattiti di cui il citato Ordine aveva esibito locandine e un resoconto giornalistico.
Abbiamo condiviso le controdeduzioni a siffatte accuse, palesemente contraddittorie e inconsistenti, atteso che per tabulas non si rinveniva nei predetti allegati affermazione alcuna di quelle addotte dall’Ordine. Quanto al resoconto giornalistico, appariva pregno di indebiti giudizi di valore verso l’accusato, nonché espressivo di disinformazione particolare. Per non dire di quanto la comunità scientifica sia tutt’altro che univoca sulla teoria del gender…. Fino a quel punto Gilberto ha dovuto tutelare la propria dignità.
Per tutto questo sono grato ai suoi cari ‒ con i quali ha festeggiato 50 anni di matrimonio lo scorso giugno ‒ che ce lo hanno donato e a lui, testimone coraggioso e culturalmente attrezzato della verità sull’uomo.
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