«Nostradomus». L’invenzione del grana padano

La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti raccolti oggi per seminare un domani migliore

L’abbazia di Chiaravalle, a pochi chilometri da Milano, è stata fondata nel 1135 da san Bernardo da Clairvaux (1090-1153). È un complesso monastico fra i più importanti in Italia, sia dal punto di vista religioso sia da quello culturale e turistico, e ancora oggi ospita la comunità di monaci cistercensi, seguaci della Regola di san Benedetto da Norcia (480-547), che si sono resi autori in un lontano passato di una “invenzione” fra le più ghiotte, prelibate e intelligenti. Quella del grana padano.

Dopo la fondazione dell’abbazia, in una zona acquitrinosa e malsana, che si trovava allora nella campagna più aperta, mentre oggi si appoggia alla cintura a Sud del capoluogo meneghino pur restando avvolta in una sorta di oasi di pace e solitudine, i monaci si dedicarono a bonificare i terreni circostanti. Una volta sottratti alla palude, i campi produssero erba abbondante, verde e grassa, ottima per sfamare le vacche da carne e da latte allevate dai religiosi durante le lunghe ore dedicate, secondo la Regola, al labora, imperativo al lavoro fisico e manuale, alternate alle tante di ora, della preghiera.

Molte vacche, molto latte, che però a quel tempo non si poteva conservare più di quel tanto, nonostante l’impegno profuso dai monaci anche a sfamare la popolazione delle zone limitrofe. Ed ecco il colpo di genio, chissà, forse suggerito dall’Alto. Trasformare il latte in eccedenza in formaggio, non però in tome fresche, ugualmente troppo deperibili, ma in forme grandi, a pasta dura e cotta, di vetus caseus, formaggio vecchio, o per meglio dire “invecchiato”, affinato.

La popolazione dei dintorni, poco avvezza al latino e più all’osservazione empirica, e probabilmente all’assaggio, individuò però un nome diverso, semplice e immediato, derivato dai grani di cristalli di calcio, ruvidi in bocca e gustosissimi, che caratterizzano questo prodotto dell’eccellenza casearia lombarda, ed ecco il grana.

Il grana padano, oggi, è protetto dall’indicazione geografica denominata DOP, denominazione di origine protetta, conferitagli nel 1996 dall’Unione Europea. È prodotto esclusivamente in Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige secondo un disciplinare rigido e controllato, e tutte le fasi della filiera produttiva, dall’allevamento e mungitura delle bovine, alla raccolta e trasformazione del latte in formaggio, alla stagionatura, debbono obbligatoriamente avvenire nelle zone di origine.

Come in altri casi, che spaziano dagli orti botanici, alle erbe officinali, alle norme igieniche, a frutti e ortaggi, all’idea di turismo, fu l’ingegno dei monaci a inventare, conservare, tramandare, prodotti o pratiche che da un passato lontano arrivano sino a oggi. Come in questo caso, nutrimento ottimo e sano per il corpo, e delizia per il gusto.

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