Last updated on Settembre 22nd, 2021 at 07:55 am
Anche in Italia, si era gioito alla notizia che un tribunale del Regno Unito avesse dato ragione piena a Keira Bell nella causa intentata alla clinica Tavistock.
La vicenda è nota. La Bell, oggi giovane donna, era addirittura minorenne quando si è rivolta alla Tavistock, specializzata nel trattamento medico e chirurgico delle persone desiderose di intraprendere il cammino della cosiddetta “riassegnazione del sesso”. Nel suo caso, la transizione da donna a uomo.
Pochi e brevi appuntamenti per valutare quanto fosse convinta e motivata, poi alla sedicenne Keira è stato propinato il “trattamento standard”: farmaci ormonali bloccanti della pubertà e quindi dosi massicce di testosterone, fino alla doppia mastectomia, all’età di vent’anni. Nel 2020 la giovane, pentita di quanto intrapreso, ha avviato un percorso di de-transizione e sporto una denuncia nei confronti della clinica. I medici che l’avevano seguita pertanto sono stati accusati di essere stati precipitosi e superficiali nell’intervenire tanto profondamente sul corpo e sulla psiche di una ragazzina, per altro minorenne, benché all’apparenza convinta.
Come prevedibile la clinica Tavistock ha presentato appello contro la sentenza: se pure per ipotesi la Bell poteva tranquillamente tornarsene a casa propria e tanti saluti, impossibile rinunciare ai lauti guadagni che provenissero da tante altre persone interessate alla questione, debbono aver pensato gli amministratori della clinica.
La Corte d’appello pochi giorni fa ha accolto le istanze della Tavistock, stabilendo che i giudici non debbono intervenire sulla decisione di un o una adolescente di intraprendere il percorso della transizione, bensì è sufficiente il giudizio dei medici che se ne occupino. Insomma, i medici che si erano presi in carico la Bell avevano fatto bene, a suo tempo, e fine delle trasmissioni. E soprattutto, potranno proporre il medesimo protocollo ad altri, in futuro.
È gravissimo. Anche i minorenni, addirittura anche i minori di 16 anni potranno avere accesso a questi “trattamenti”, a giudizio (insindacabile?) del personale medico. Come se dei bambini potessero davvero decidere di sé così a fondo, così gravemente, così irreversibilmente.
A quanto pare, non importa se, come riportato al punto 3 dell’introduzione della sentenza della Corte d’appello britannica, «the treatment of children for gender dysphoria is controversial. Medical opinion is far from unanimous about the wisdom of embarking on treatment before adulthood. The question raises not only clinical medical issues but also moral and ethical issues, all of which are the subject of intense professional and public debate», «il trattamento dei bambini per la disforia di genere è controverso. L’opinione medica è tutt’altro che unanime sul fatto che sia saggio intraprendere tale trattamento prima dell’età adulta. La questione solleva non solo questioni medico-cliniche ma anche questioni morali ed etiche, tutte oggetto di intenso dibattito professionale e pubblico».
Non importa se i farmaci bloccanti della pubertà, farmaci ancora sperimentali, possano indurre in casi numerosi comportamenti autolesionistici o addirittura suicidari.
Non importa se studi scientifici scrupolosi, di enti accreditati, abbiano evidenziato i rischi gravi per la salute fisica e psichica nei casi di “riassegnazione del sesso”, anche in persone adulte.
Non importa se in altri Paesi europei, per esempio in Svezia, i rischi per la salute connessi all’assunzione di tali farmaci li abbiano resi fuorilegge per i minori di 16 anni.
Nulla importa, quando vi sono di mezzo denari e ideologia spinta.
E in Italia? In Italia, il controllo medico è sufficiente per l’assunzione di farmaci bloccanti la pubertà, che viene addirittura raccomandata. Che siano sterline o euro, evidentemente, pecunia non olet.
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