Last updated on Febbraio 17th, 2020 at 04:20 am
Ombre sul Tavistock di Londra, l’unica clinica britannica del servizio sanitario nazionale (NHS) che si occupi di riassegnazione del genere sessuale nei bambini all’interno del Servizio di Sviluppo dell’Identità di Genere (Gids). Se i numeri lasciano perplessi (negli ultimi cinque anni si è registrato un esponenziale aumento di bambini “trattati”), le rivelazioni di uno psicoanalista che faceva parte del direttivo del Tavistock lasciano addirittura sgomenti. In un lungo articolo pubblicato sul portale Quilette, Marcus Evans, questo il nome del professionista, spiega le ragioni che lo hanno spinto a dimettersi dal suo ruolo.
La pressione delle lobby trans
L’impennata di casi tra i più piccoli di “disforia di genere”, ossia di individui che non si riconoscono nel proprio sesso biologico, è un fenomeno che andrebbe approfondito, ma ‒ come rileva Evans ‒ ciò è estremamente impervio. «Non comprendiamo appieno ciò che sta accadendo in questo complesso settore ed è essenziale esaminare il fenomeno in modo sistematico e oggettivo», si legge nel suo articolo. «Ma questo è diventato difficile nell’attuale contesto, poiché il dibattito viene continuamente chiuso tra accuse di transfobia. Come ho sostenuto in una presentazione del maggio 2019 davanti alla Camera dei Lord, questo regime di censura di fatto sta danneggiando i bambini».
Le preoccupazioni del dott. Evans sono esplose nel 2018, non appena è entrato a far parte del direttivo del Tavistock and Portman NHS Foundation Trust. Sulla sua scrivania è giunta la lettera di un gruppo di genitori «che si lamentavano del fatto che i loro figli erano stati seguiti dal Gids senza alcuna seria valutazione psicologica». Mera ritrosia di padri e madri all’idea di avere un figlio omosessuale? Niente affatto, perché le perplessità espresse in quella lettera hanno poi trovato riscontro nelle rimostranze che ben dieci membri della squadra del Gids hanno rivolto alla dirigenza del Tavistock, e che sono state raccolte dal dott. David Bell, un consulente della struttura: «valutazioni cliniche inadeguate, pazienti sottoposti a interventi prematuri e», dulcis in fundo, «incapacità del Gids di resistere alle pressioni degli attivisti trans». Eppure, un’accusa così dura pare sia caduta nel vuoto. Ecco il racconto di Evans: «Come dirigente del Tavistock Trust, ho assistito personalmente ai tentativi da parte della direzione di respingere o minare sia la relazione del dott. Bell, che ha presentato alla fine del 2018, sia la lettera dei genitori». Nell’articolo pubblicato su Quilette, l’ex quadro del Tavistock osserva che il tentativo di respingere o screditare preoccupazioni serie sull’approccio clinico utilizzato convenzionalmente «sarebbe pericoloso e discutibile in qualsiasi contesto del servizio sanitario nazionale», ma «è particolarmente preoccupante laddove si ha a che fare con giovani vulnerabili posti dinnanzi a decisioni che cambiano la vita, spesso in modo irreversibile e che hanno conseguenze mediche sconosciute». In segno di protesta verso un tale arroccamento da parte del Tavistock, nel 2019 il dott. Evans ha rassegnato le dimissioni.
Censura nelle università
Già questa testimonianza sarebbe sufficiente a lasciare basiti. Ma lo psicoanalista inglese ha deciso di vuotare il sacco completamente. Ha dunque proseguito la sua denuncia sottolineando che «molti professionisti della salute mentale condividono queste preoccupazioni. Ma dirlo pubblicamente è difficile. I giornalisti che hanno svolto ricerche in quest’ambito raccontano che mentre gli intervistati sono disposti a parlare delle loro preoccupazioni, evitano di essere nominati, per paura di essere accusati di bigottismo o di violare i diritti umani». Un tale clima incombe anche sulle università. Evans afferma che «diversi studi [che non si allineano all’approccio interventista verso i bambini con disforia di genere ‒ ndr] sono stati chiusi prematuramente a seguito dell’espressa opposizione di lobby pro–trans e dei loro alleati nei media». Il medico racconta, a tal proposito, che nel 2017 la Bath Spa University ha respinto la proposta di ricerca dello psicoterapeuta James Caspian sul «detransitioning», cioè sul desiderio di uomini e donne sottoposti a interventi chirurgici per cambiare sesso ad adottare misure per invertire il processo e tornare al genere sessuale biologico. Il suo studio è stato bollato come “politicamente scorretto” e potenziale “causa di offese”. Il comitato etico dell’ateneo ha affermato che avrebbe potuto suscitare critiche all’università sui social media. Come a dire, meglio censurare piuttosto che essere criticati per aver dato spazio a idee sgradite a qualche lobby. E pazienza se a rimetterci è la salute mentale e fisica di bambini fragili.
Commenti su questo articolo