Dopo aver esultato, solo pochi giorni fa, per la notizia dell’aumento del tasso di natalità registrato negli Stati Uniti d’America per l’anno 2021, delude invece quanto si apprende dal Giappone, dove le statistiche più recenti, diffuse dal ministero della Salute, hanno evidenziato un calo nelle nascite davvero notevole. Sono nati, nel 2021, 811mila e 604 bambini, circa 30mila in meno rispetto al 2020, un esito addirittura peggiore delle previsioni a lungo termine, cioè al 2027, indicate dal governo giapponese.
L’«inverno demografico» nel Paese del Sol Levante non è purtroppo una novità, la fase discendente è iniziata infatti già a partire dal 1973, l’anno del baby boom, con 2,09 milioni di nuovi nati. Oggi la media di figli per donna è scesa a 1,30, mentre il numero dei matrimoni ha visto una flessione a poco più di 500 mila nozze nel corso dell’anno, il più basso dal periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale.
Quali potrebbero essere le motivazioni? La tendenza attuale, e che preoccupa il governo, nelle parole del portavoce del ministero della Salute sarebbe da attribuire al restringimento già in atto della popolazione composta da donne in età fertile. Ancora da stabilire, invece, l’impatto dei fattori derivanti dalla pandemia da CoVid-19 e l’incertezza diffusa generata dalla crisi economica del Paese. Durante una conferenza, il capo di Gabinetto Hirokazu Matsuno ha affermato che il problema della bassa natalità «[…] potrebbe destabilizzare le fondamenta della società e dell’economia del Paese», ribadendo che la sua risoluzione è una delle priorità dell’agenda di governo.
Vi è, infatti, un problema che si aggiunge a quello della scarsità di nuovi nati in Giappone. Oltre a un tasso di fertilità inferiore alla soglia minima di 2,07 figli, quella considerata necessaria per garantire il ricambio generazionale, vi è l’aspettativa di vita più elevata nel mondo. Dei 126 milioni di abitanti del Giappone, circa il 28% della popolazione ha più di 65 anni di età.
Commenti su questo articolo