Maira, Farah, Saba, Meerab, sono solo alcuni dei nomi di ragazze cristiane, rapite e costrette al matrimonio con uomini di religione musulmana, che dal Pakistan lambiscono di sfuggita le cronache dei media occidentali, quasi sempre per altro media che si possono definire “di nicchia”, senza mai giungere alla ribalta. Eppure si tratta di un fenomeno tristemente diffuso, e ancora nei giorni scorsi si è saputo della sorte di Zarvia Pervaiz, una bambina di 13 anni, cristiana, rapita in aprile da Imran Shahzad, musulmano, sposato e padre di tre figli, pare con la complicità della moglie.
Dopo che l’uomo ha inviato un messaggio vocale alla madre di Zarvia, dichiarando che non avrebbe mai restituito la ragazzina alla famiglia, i genitori hanno sporto denuncia nella stazione di polizia di Sadiqabad, nel distretto di Rawalpindi, nel Punjab pakistano, e i coniugi Shahzad sono stati arrestati.
Una volta davanti al magistrato si è svolto il consueto teatrino, dove le botte e le minacce hanno costretto la bambina ad affermare che la sua conversione all’islam e il suo matrimonio con Shahzad fossero assolutamente consensuali, volontari e desiderati. Il 13 luglio, il giudice ha respinto la richiesta della madre di riottenere la custodia di Zarvia. «Le minoranze non godono in modo equo e completo del diritto di accesso alla giustizia, poiché la polizia e i tribunali continuano a favorire i responsabili della comunità musulmana, ignorando le leggi esistenti in materia di matrimonio forzato e di violenza sessuale», ha dichiarato la donna, Yasmeen Pervaiz. «La pratica discriminatoria nelle indagini e nei processi incoraggia gli autori a sottrarre ai genitori le ragazze minorenni che appartengono alle minoranze ».
Le fa eco Sherkan Malik, attivista in favore dei diritti umani, musulmano, che conferma come «[…] gli apparati statali tendano a sostenere chi commette crimini come le conversioni forzate, i matrimoni infantili, le violenze sessuali, perché convinti che riceveranno una ricompensa celeste per aver aiutato a convertire qualcuno all’islam, indipendentemente da quanto sia intenzionale o coercitiva la conversione».
I matrimoni infantili, contratti cioè con ragazze minori di 16 anni, sono illegali in Pakistan e una sentenza dell’Alta Corte di Islamabad emessa in febbraio ha dichiarato che «[…] il matrimonio di minori di 18 anni è illegale, anche qualora avvenga per loro spontanea volontà».
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