«A causa di circostanze al di fuori del nostro controllo», la fiera Un sogno chiamato bebè non si terrà. Prevista per il 21 e 22 maggio a Milano, è stata rimandata all’anno prossimo. Lo scrivono a quanto pare gli organizzatori nella newsletter recapitata ieri nella casella e-mail degli iscritti e il sito web dell’evento riporta ora la data del 2023.
La notizia è stata accolta immediatamente con favore da parte delle associazioni femministe così come da Emmanuele di Leo, presidente di Steadfast, che pochi giorni fa era in Corte di Cassazione, con alcuni rappresentanti della politica e con un gruppo numeroso che raccoglie realtà civili sotto il sentire comune dell’agenda politica «Ditelo sui tetti», e che si battono per la tutela dei diritti e della dignità della vita, per depositare un disegno di legge d’iniziativa popolare, con il fine di rendere illegale la «maternità surrogata», che in Italia è già vietata dalla legge, anche qualora messa in atto al di fuori dei confini nazionali.
«iFamNews» aveva subito suonato l’allarme rispetto a «Un sogno chiamato bebè», un format nato in Germania qualche anno fa che ha riscosso molto successo anche in Francia. Gli organizzatori, infatti, lo presentano come un salone dedicato alla maternità e alla fertilità, ma esso si è rivelato in realtà come una pubblicità neppure occulta alla pratica dell’«utero in affitto», disumanizzante per le donne e per i bambini, nonché vietato dalla Legge 40/2004. Negli ultimi mesi una parte della politica aveva fatto sentire la propria voce contraria. Nello stesso Consiglio comunale della città di Milano in più di un’occasione la questione era stata sollevata, per esprimere il dissenso per esempio di Fratelli d’Italia e della Lega.
La speranza, ora, è che quali che siano i motivi «al di fuori del controllo» che hanno fermato la fiera nel 2022, essa sia stata fermata anche per gli anni a venire. Per il momento, ci si rallegra almeno di questa vittoria.
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