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Storia di un’azienda pro-family

Per 40 anni Roberta Zivolo ha sempre incoraggiato le proprie collaboratrici in azienda a sposarsi e ad avere figli

Luca Marcolivio di Luca Marcolivio
22/01/2022
in Breaking News, Famiglia, In evidenza
471
Reading Time: 6 mins read
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Roberta Zivolo

Image from Progetto 2000 Group

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Progetto 2000 Group è un’azienda italiana da record. Non per il fatturato, che pure è florido, ma per l’orientamento “rosa” e pro-family. I numeri parlano chiaro: 75 dipendenti su 80 sono donne, la maggior parte delle quali ha almeno un figlio. Nessuna di loro ha mai lasciato l’azienda dopo la maternità. Sono inoltre ben 127 i bambini nati dalle dipendenti di Progetto 2000 Group in quarant’anni. Roberta Zivolo, fondatrice dell’azienda milanese, ha raccontato ad «iFamNews» il segreto del successo del suo formidabile team.

Nella vostra azienda «si entra e si esce con un sorriso»: come si fa a mantenere il buonumore e uno spirito fraterno tra colleghi, in un mondo del lavoro sempre più spietato e competitivo?

Trattare gli altri come vorrei essere trattata io, in tutto e per tutto. Da questa mia esigenza, come risultato, in Progetto 2000 Group si incentiva innanzitutto la maternità, si elargiscono i benefit, come, ad esempio: orario di lavoro flessibile; possibilità di tenere in ufficio il proprio cane, corsi di formazione sulla persona e professionale; possibilità, durante l’orario di lavoro, di poter farsi trattare con un massaggio Tuina, per ovviare all’osteoporosi, problematica prettamente femminile.

Inoltre, le mie collaboratrici non hanno avuto remore nel venire da me nemmeno quando mi hanno chiesto di andare insieme a una quindicina di loro, a visitare le mostre d’arte. Loro sono libere di venire a chiedere tutto quello che è necessario per il ben vivere in azienda e insieme valutiamo se è necessario. In questo modo si ottiene un ambiente vissuto da donne brave, motivate e felici. L’elenco di tutti i benefit li ho pubblicati nella mia autobiografia La nuova Eva salverà il mondo! Eva è l’acronimo di essere, vita, amore. Mi reputo una donna del fare, ho dedicato ben poco tempo a parlare, ma moltissimo tempo nell’ascoltare i miei maestri di vita, che non ringrazierò mai abbastanza per i doni da loro ricevuti, come la pratica della meditazione e della preghiera, che fanno ottenere grande giovamento alla qualità dell’ascolto.

Progetto 2000 Group è da anni indicata come un’azienda “a misura di famiglia” per le sue dipendenti: questa filosofia aziendale è sempre stata presente nella vostra mission o è maturata nel tempo?

La mia azienda è nata quarant’anni fa, sono 127 i bambini nati in questi anni e due sono in arrivo quest’anno, a Dio volendo. Nella mia azienda ho fatto quello che nessun imprenditore si sognerebbe mai di fare, ho incentivato appunto la maternità. Quando le mie collaboratrici (le chiamo collaboratrici, non dipendenti) andavano in ferie, dicevo loro: «Andate in ferie in due, marito e moglie, ma tornate in tre, mi raccomando». Lo hanno fatto tutte. Questa è stata la mia prima missione. Il rapporto tra di noi è ottimo. Quando rispetti i diritti delle donne, loro rispettano i propri doveri senza sforzo. Perciò, ripeto, se le azioni partono dal cuore, cioè si fanno con gentilezza, gratitudine, perdono e amore, ho la prova che sono ottimi esempi per vivere una vita piena, appagante e sana. 

Nella vostra azienda, 75 dipendenti su 80 sono donne: una scelta deliberata o una conseguenza naturale del vostro approccio?

Quando sono stata assunta nella mia prima azienda, purtroppo, c’era veramente tanta tristezza, tanta competizione, quello che spiccava era un clima di perenne rivalità e questa cosa mi aveva dato molto fastidio. Mi vedevo circondata da persone frustrate, malinconiche. Purtroppo, il sistema insegnava questo: dovevamo essere l’una più brava dell’altra a tutti i costi, senza guardare in faccia nessuno. Piano piano, un lavoro dopo l’altro, sono riuscita a mettere da parte risparmi e a concepire il progetto di un’azienda diversa, dove le persone potessero essere davvero felici, valorizzando il loro potenziale. Poi c’è stato un pellegrinaggio a Medjugorje che mi ha aiutata a mettere a fuoco quel progetto, il sogno di una nuova società, utopica secondo alcuni, ma che poggia su radici solide, su fondamenta granitiche. La mia squadra, tutta al femminile, continuava a ingrandirsi ed io seguitavo ad assumere donne in modo incredibile, senza rendermi conto che era questa la missione della mia vita. Quando sono tornata, l’azienda è decollata. Ottanta dipendenti, di cui settantacinque donne, con l’85% di donne che ricoprono ruoli manageriali e un motto che è qualcosa di più di un semplice slogan: ferie e orari sono sacri. Questo rappresenta un impegno sincero, che ho assunto fermamente. Lo ripeto spesso, ma soprattutto lo rendo possibile. Ogni qual volta mi annunciavano una maternità, toccavo il cielo con un dito, era una grande festa per tutti. C’è un detto spagnolo che può essere tradotto in questo modo: «Ogni bambino che nasce, porta la sua pagnottella sotto al braccio». Ciò significa che i genitori non si devono preoccupare in merito al suo mantenimento perché la pagnottella è il “simbolo” della sussistenza. E nella mia azienda, all’annuncio di ogni maternità, è sempre entrato nuovo lavoro. Convergiamo tutti verso un progetto comune, in vista del benessere generale. È di aiuto all’evoluzione dell’azienda andare incontro alle esigenze di ognuno, effettuando variazioni dell’orario o delle modalità di lavoro; tendo sempre a immedesimarmi in loro e comprenderne le necessità economiche e personali. Permetto di seguire i figli a scuola, di affrontare le problematiche connesse alla vita famigliare, di sottoporsi a visite mediche di controllo, molto frequenti nelle donne. Tutelarle è il primo passo per farle lavorare bene: questo metodo fa sì che la nostra azienda abbia un forte riscontro umano e imprenditoriale, anche se, sul piano economico, risente dei maggiori costi, che tuttavia vengono da me considerati un investimento.

La maternità può dare un valore aggiunto alla qualità del lavoro delle donne?

La maternità è un passaggio fondamentale nella vita di qualsiasi donna in questo mondo, è un ruolo essenziale assegnato in esclusiva alle donne e che risponde ad altre esigenze ancestrali della prosecuzione della specie umana sulla terra. Questo ruolo rende le donne uniche e orgogliose di questo compito per sempre. Sul lavoro, questo passaggio è altrettanto basilare perché consente, nella pratica, di passare da figlia a mamma e pertanto da essere capita a dover capire fin da subito il figlio. Questo passaggio avviene automaticamente anche sul lavoro e così quello che prima era solo un ruolo da ricoprire in base a ordini e direttive, diviene un ruolo operativo da ricoprire per le finalità e obiettivi della società. Di solito gli imprenditori hanno paura della maternità, tendono a percepirla come un ostacolo. Io invece sono qui a testimoniare che, dopo quarant’anni la mia azienda rosa è ancora in piedi e gode di ottima salute, grazie soprattutto alle mie donne.

Se si trovasse di fronte a un socio o a un collega imprenditore convinto della necessità di licenziare le dipendenti incinte, cosa gli direbbe?

Non è mai successo e mai succederà, perché, per scelta, è da trent’anni che non ho più avuto soci, proprio per questo motivo. Il carico delle responsabilità me lo sono sempre accollato io. Tra l’altro è un’ipotesi remota che qualcuno mi faccia questa domanda, perché tutti sanno come la penso e come opero al riguardo. Il mio credo è semplice, sono più che convinta che quello che dai ti torna indietro maggiorato. Licenziare le donne incinte è illegittimo e ancora di più lo è la pratica di farsi rilasciare la lettera di dimissioni in bianco al momento dell’assunzione. I tempi del padre padrone di cui Milva cantava, cosa doveva fare alla “filanda”, sono oggi parzialmente superati e per l’altra parte c’è ancora un po’ di strada da fare. Nel 2019, Progetto 2000 Group ha assunto una collaboratrice che era reduce da brutte esperienze lavorative presso un’altra azienda, era stata licenziata al nono mese di gravidanza, si sentiva senza tante prospettive di lavoro, ha inviato il suo curriculum a Progetto 2000 Group ed è stata assunta, pur avendo una bambina piccola.

L’inverno demografico è un dramma del nostro tempo: se lei ricoprisse una carica politica, come lo affronterebbe?

È quello che denuncia anche Papa Francesco: «Preoccupa l’inverno demografico in Italia, va contro il nostro futuro. Sembra che tanti abbiano perso l’illusione di andare avanti con figli, tante coppie preferiscono rimanere senza o con un solo figlio, è una tragedia». Quello che passa come inverno demografico è legato al calo delle nascite di questi ultimi anni, nei paesi ad economia evoluta. Questi due anni di pandemia, hanno indotto in modo significativo le donne ad affrontare una maternità, con tutti i rischi che essa comporta, con un’informazione insufficiente o poco convincente sull’argomento. Se ai rischi si aggiunge l’incertezza economica del periodo, si comprendono le ragioni vere del calo delle nascite. Lo Stato italiano, invece di pagare assegni alle mamme che vengono sprecati in babysitter volanti, lavoro part time, eccetera, dovrebbe dare la possibilità alla donna di poter crescere tre o quattro bambini con un sistema assicurativo, anziché pagare la salute, pagare un fondo a beneficio di chi è in maternità: la donna è sacra, deve vivere il suo ruolo e occuparsi dell’educazione dei figli nutrendoli di affettività e questo significa stare insieme a loro e non parcheggiare i bambini nei nidi. Si dovrebbe ripensare a tutto quello che ruota intorno alla maternità che oggi è vissuta come una follia.

Tags: Famiglia
Luca Marcolivio

Luca Marcolivio

Giornalista professionista, Luca Marcolivio è accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa Cristiani Today, collabora con La nuova Bussola Quotidiana, Pro Vita & Famiglia e con il blog del Centro Machiavelli. Dal 2011 al 2017 è stato caporedattore dell’edizione italiana di Zenit. Ha pubblicato Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato e curato La società dell’allegria. Don Bosco raccontato dai salesiani del XXI Secolo

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