Last updated on Novembre 28th, 2021 at 11:36 am
«Mario» (nome di fantasia di una persona tetraplegica di 43 anni, immobilizzata a letto da 11 a causa di un incidente stradale) può suicidarsi legalmente e legalmente qualcuno può aiutarlo a suicidarsi, primo caso dopo la sentenza 242 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 27 novembre 2019 sul caso di Fabiano Antoniani, alias DJ Fabo (1977-2017), emessa dalla Corte Costituzionale che contestualmente “chiedeva” al parlamento italiano di esprimersi in modo inconfutabile rispetto alla questione. La sua storia sta facendo il giro dell’Italia, e non solo.
Che «Mario» possa uccidersi e che qualcuno possa aiutare «Mario» a uccidersi è stato deciso dal Comitato etico regionale delle Marche, dove «Mario» risiede, cioè uno di quegli organismi la cui principale funzione è valutare gli aspetti morali e scientifici delle sperimentazioni cliniche onde tutelare i diritti, la sicurezza e il benessere delle persone coinvolte. Quindi in Italia esistono non uno, ma più organismi la cui funzione principale è tutelare i diritti, la sicurezza e il benessere delle persone permettendo che le persone si diano la morte e che qualcuno aiuti le persone a darsi la morte. Curiosa concezione di «tutela», «diritti», «sicurezza», «benessere» e «persona».
Il Comitato etico regionale delle Marche esercita dunque il potere di vita e di morte sui cittadini italiani residenti nelle Marche, così come – è lecito inferire – i Comitati etici di tutte le altre regioni esercitano il potere di vita e di morte sui cittadini italiani ivi residenti. La notifica arriva a mezzo stampa. Agghiacciante.
Fortunatamente non è affatto così, nonostante quanto da ieri dicano e ripetano tutti i piromani che soffiano sul fuoco per far divampare l’incendio dell’eutanasia nel nostro Paese.
Qui «iFamNews» fa proprie le domande e le considerazioni espresse a caldo dal Centro Studi Rosario Livatino (CSL). Davvero, cioè, il Comitato etico regionale delle Marche ha proditoriamente autorizzato quella cosa che, con un’acrobazia verbale davvero (sul piano di calembour) encomiabile viene comunemente (cioè asfaltando lo stridore fra un gesto volontario autoinflitto, qual è il suicidio, e la necessità di dover “aiutare” tale “volontarietà”, cosa che configura un salto di fattispecie) chiamato «suicido assistito», con grande soddisfazione del maggior sponsor della questione, cioè l’Associazione Luca Coscioni?
Perché, osserva il CSL, «la versione integrale del parere non autorizza questa conclusione, intanto perché, nella confusione normativa attuale, se un qualsiasi Comitato etico avesse autorizzato un suicidio assistito avrebbe violato la legge, poiché sarebbe andato oltre le competenze che le varie disposizioni gli riconoscono. E poi perché, chiamato dal Tribunale di Ancona a verificare la sussistenza nel caso specifico delle condizioni previste dalla Corte costituzionale con la c.d. sentenza Cappato, a proposito del requisito della sofferenza intollerabile il Comitato parla di “elemento soggettivo di difficile interpretazione”, di difficoltà nel “rilevare lo stato di non ulteriore sopportabilità di una sofferenza psichica”, e di “indisponibilità del soggetto ad accedere ad una terapia antidolorifica integrativa”».
Quest’ultimo aspetto si pone del resto in contrasto netto con il «requisito stabilito dalla Corte costituzionale, relativo al carattere pregiudiziale della pratica della terapia del dolore rispetto a qualsiasi trattamento di fine vita» e «la sofferenza intollerabile è qualificata e ancorata a un dato psicologico e soggettivo».
Dunque il Comitato etico regionale delle Marche non ha autorizzato alcun «suicidio assistito».
Il Comitato etico regionale delle Marche non ha violato la legge italiana, che vieta e condanna il «suicidio assistito». Il Comitato etico regionale delle Marche non coltiva e non diffonde curiose concezioni di «tutela», «diritti», «sicurezza», «benessere» e «persona». E il Comitato etico regionale delle Marche non è uno di quegli organismi terribili disseminati sul territorio italiano la cui principale funzione sarebbe tutelare i diritti, la sicurezza e il benessere delle persone permettendo che esse si diano la morte e permettendo che qualcuno li aiuti a darsi la morte. Alla fine della giornata, restano i titoloni di ieri, resta la notizia strombazzata ovunque, «resta lo sconcerto – sulla base della lettura del parere – della percezione», afferma il CSL, «di uno sforzo comune teso a togliere la vita a un grave disabile: la cui sofferenza di ordine psicologico merita aiuto e affiancamento, non l’individuazione della sostanza più idonea a ucciderlo». Affiancato a un altro sforzo enorme, profuso per strumentalizzare i fatti onde indottrinare gli italiani sulla base di una bugia.
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